Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/198

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ziani che si erano radunati attorno al caduto, andarono sotto sopra, salvandosi dietro alle casse e ai barili, sparando a casaccio le loro pistole. Il cannone cominciò a tuonare schiantando l’albero di maestra che cadde con un gran fracasso sul ponte coprendolo per intero coll’immensa sua vela.

— Bravi, così, fuoco sull’altro albero! urlò Daùd. Ammazzatemi quelle canaglie spaventate, fracassatemi il timone, che vadano a sfasciarsi su qualche isolotto. Fuoco, perdio, fuoco nutrito! Evviva Fathma!

L’albero di trinchetto precipitò come l’albero maestro, rompendosi in due pezzi. Una confusione indescrivibile non tardò a succedere sul ponte della dahabiad che incominciava a indietreggiare, minacciando di arenarsi sulle isole sabbiose. Si comandava, si gridava, si bestemmiava, si sparava e gli uomini cadevano a due a tre alla volta. Parecchi feriti urlavano di già sul ponte, contorcendosi fra i rivi di sangue, sepolti fra i rottami dell’attrezzatura e sotto le vele.

I sennaresi, visto che i nemici non erano più in grado di rispondere, erano saltati fuori dai nascondigli e bersagliavano con una precisione terribile tutti quelli che commettevano l’imprudenza di mostrarsi. Tre o quattro di loro si erano messi al cannone e avventavano tremende scariche di mitraglia che spazzavano da un capo all’altro la barca nemica aprendo larghe fessure nei madieri e schiantando le murate.

Per dieci minuti gli egiziani si lasciarono moschettare perdendo parecchi di loro, ma a poco a poco la calma si ristabilì a bordo della dahabiad. Improvvisata a prua una barricata coi rottami degli alberi e colle casse e le botti, cominciarono ad avanzare a forza di remi rispondendo gagliardamente al fuoco dei sennaresi, mostrando l’idea di venire ad un abbordaggio e quindi ad un combattimento a corpo a corpo.

— Ah! razza di cani! esclamò Daùd, afferrando una scure. Avete del sangue nelle vene! Olà, attenti