Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/237

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statura, magri e ossuti. Riconobbero subito in quelli dei giallàba, trafficanti dongolesi che viaggiano tutto il tempo dell’anno pel Kordofan portando durah e maiz, infaticabili camminatori dotati di una frugalità eccessiva. Basta un pugno di grano ogni ventiquattr’ore per accontentare quei negri, che sanno però, quando si presenti loro l’occasione, divorarsi un montone intero in due o tre persone.

Il loro capo aiutò galantemente Fathma a discendere da cavallo baciandole la mano.

— Posso chiamarmi fortunato di aver salvato una così bella araba, diss’egli, sorridendo. M’immaginai subito che quei cani di ribelli ti dassero la caccia. Sei ferita?

— Niente affatto, mio bravo gialiàba, rispose Fathma. Lascia che io ti ringrazi d’avermi salvata.

— Non corriamo troppo, tu non puoi chiamarti ancora salva.

— Cosa intendi di dire? esclamò l’almea sorpresa.

— Credi tu che i ribelli non tornino alla carica? Non sarei sorpreso se fra un paio d’ore ci vedessimo capitare addosso un due o trecento di loro.

— E non ti fanno paura?

— Altro che paura, io rabbrividisco al sol pensarlo.

— E che intendi di fare?

— Faccio montare i miei uomini e me la batto. Se vuoi venire con noi?

— Dove vai?

— Al campo di Hicks pascià per arruolarmi sotto la sua bandiera.

— Ma anch’io vado al campo di Hicks! esclamò l’almea.

— Meglio così; allora verrai con noi.

— Credi che la via sia libera?

— Uhm! fa’ il giallàba crollando il capo. Ne dubito.

— Credi che quei selvaggi abbiano tanto coraggio da ronzare attorno al campo Egiziano? Hicks pascià, se non erro, deve avere con sè un esercito di dieci od undicimila uomini.