Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/261

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— Cosa c’è di nuovo?

— Che l’esercito muore di stenti e di sete. Non vuole più obbedire ai miei comandi, si lamenta che manca di tutto, che così non la può durare, che ne ha abbastanza della campagna e che vuole ritornare a casa.

— Quando è così si ricorre a mezzi estremi per ridurlo all’obbedienza.

— Allora si ribella.

— Si fucilano i ribelli.

— Con Aladin pascià è impossibile fucilare. Anche ieri l’altro un circasso sparò una fucilata contro un ufficiale dei basci-bozuk e fu un vero miracolo se non l’uccise. Io voleva far passare per le armi il circasso, ma Aladin s’interpose e dovetti cedere. Come è possibile farsi ubbidire con questi esempi?

— Ma non siete voi il comandante supremo dell’esercito?

— Sì, sono io, ma solo di nome, disse con amarezza il generale.

— Qui mi si odia, qui si mormora che io conduco l’esercito a completa ruina, che non so comandare, che mi curo degli Egiziani come fossero i miei cani. Sono inglese, e voi sapete quanto gli Egiziani odiano noi. Vi sono dei giorni che mi pento di essermi messo alla testa di questi miserabili, ve lo giuro.

— Quando marcieremo su El-Obeid?

— Appena che avrò appianate le questioni con Aladin pascià. Io voglio marciare seguendo la pianura, lui vuole prendere la via dei monti, e intanto si perde tempo e il pericolo cresce.

— Dove trovasi l’esercito del Mahdi?

— Chi lo sa? Le guide ci tradiscono, le spie si contraddicono; non sappiamo affatto nulla. Per maggior disgrazia un tedesco la scorsa notte disertò e si dice che siasi recato al campo del Mahdi.

— Chi è questo traditore? chiese con indignazione O’Donovan.

— Il vostro servo.