Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/319

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Si crede che io sia l’inviato di Dio che ha la santa missione di ricostituire l’antico impero arabo, di raggruppare attorno a me tutti i credenti del profeta, di porre un argine all’invasione degli infedeli, di fondare una religione universale colla comunità dei beni?

— No, nessuno lo crede.

Un lampo di collera brillò negli occhi del Mahdi e i suoi denti stridettero.

— Lo so, che il vice-re Tewfik mi accusa di essere un falso profeta, sperando di allontanare da me gli arabi che io vorrei salvare dalle mani degli inglesi, ma non credeva che le popolazioni dividessero l’opinione di quel miserabile, di quel vigliacco che vendette il suo regno pur di rimanere sul trono.

Sta bene: non avrò pietà per nessuno. Gli empi cadranno sotto la mia scimitarra nell’egual guisa che caddero Hicks pascià e i suoi soldati a Kasghill.

— Ma che pretenderesti di fare colle tue orde?

— Lo vedrai appena saranno terminati i raccolti e organizzate le mie truppe. Ho sotto di me diciotto tribù che formano un esercito di duecentomila uomini che non temono nè il ferro, nè il fuoco. Scenderò in Egitto, e quando sarò entrato nel Cairo e che avrò rovesciato Tewfik, passerò alla Mecca, per far cadere il sultano dei turchi.

— Ma sai, Ahmed, che abbiamo gl’inglesi in Egitto?

— E credi tu che io abbia paura dell’Egitto?

— Ma ti manderà contro inglesi e abissini.

Ahmed alzò le spalle.

— Non li temo, disse. Passerò a fil di spada gli uni e gli altri.

— Sono molti, Ahmed.

— E anche i miei sono molti.

— E se riuscissero a vincerti?

— Non mi avranno vivo. Quando vedrò che ogni lotta sarà vana, mi farò uccidere alla testa delle mie tribù.

Per alcuni istanti rimase silenzioso colla fronte