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— Voglio dire che tu conosci la mano colpevole che rovinò il mio uomo.
— Tu sei pazzo. Chi vuoi che sia stato?
— Un uomo che aveva interesse perchè l’arabo crepasse.
— E quest’uomo si chiamerebbe?
— Ahmed Mohammed, disse il beduino audacemente.
— E tu hai coraggio di dirmelo in faccia?
— E perchè dovrei tacere?
— Sai che ti trovo ben ardito?
— A un beduino è permesso di essere ardito.
— Se un altro avesse detto tanto non avrebbe più la sua testa sulle spalle. Vattene!
— E il mio uomo?
— Che muora.
— Tu manchi ai tuoi giuramenti, Ahmed! esclamò il beduino furibondo.
— Vattene temerario.
— Oh mai! Io voglio che si liberi Abd-el-Kerim dai filari che lo rodono o che...
— Olà gridò Ahmed. Impadronitevi di quest’uomo e consegnatelo al carnefice.
Già i dervis, tratte le scimitarre, s’avanzavano e già il beduino aveva impugnato le pistole, quando in lontananza scoppiarono formidabili detonazioni e acutissime grida.
Ahmed e i dervis udendo quel baccano scesero in fretta la collina. Il Profeta s’era strappata dal fianco la scimitarra e l’impugnava come un vero guerriero che si prepara a scagliarsi nella mischia.
— Il nemico!... si urlava da tutte le parti.
Il beduino, rimasto solo, approffittò di quell’incidente capitato così a buon punto per salvarlo. Si raccomandò alle proprie gambe e andò a intanarsi in mezzo ad una folta macchia.
— Ira di Dio! mormorò egli. Che succede?
Girò gli occhi all’intorno: tutto il campo era in movimento. I guerrieri si radunavano in furia disponendosi confusamente in linea di battaglia, cogli scudi in mano e le lance in resta. La cavalleria