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— Eccomi tornato, mio padrone.
— Ah! esclamò Notis, sei qui finalmente? Come andarono le cose?
— Il colpo è riuscito pienamente, rispose Fit Debbeud. Ho perduto tre uomini ma tu me li pagherai con sei cammelle.
— È in tua mano adunque? Mille tuoni!...
— Sì e senza essere stato avariato dagl’jatagan.
— Ah! cane d’un rivale! gridò il greco con gioia feroce. Se non vi fosse Elenka di mezzo, vorrei farti, sotto questa tenda e in mia presenza, uscire tutto il sangue che hai in corpo.
— Se vuoi che glielo faccia uscir io mi divertirò immensamente.
— No, non lo posso per mia disgrazia. Morrebbe, e a me interessa che non muoia.
— Si potrà fargliene uscire mezzo, incalzò lo sceicco.
— Odimi prima, disse il greco con voce collerica. Un dì, quell’uomo fu il fidanzato di mia sorella, e l’amò furiosamente e ne fu contraccambiato, poi vide Fathma, si dimenticò della prima per amare la seconda.
— Ciò vuol dire essere spergiuri e traditori, ragione di più per farlo morire lentamente e fra i più atroci tormenti.
— E mia sorella?... Elenka lo ama, e forse più di prima.
— La faccenda diventa imbarazzante. E che vuoi fare adunque?
— Fra due o tre giorni Elenka sarà qui e bisogna che prima del suo arrivo schiacci o meglio svelga dal cuore dell’arabo l’amore che ha per Fathma.
— Non trovo altro mezzo che quello di strappargli addirittura il cuore, disse tranquillamente il bandito.
— Ti ripeto che non deve morire.
— Aspetta un momento. E se io mi spacciassi per un amante di Fathma?
— Ebbene?
— Lascia pensare a me o tu vedrai che gli farò