Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/117

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tadue appartenevano al clero secolare e 16 al regolare, cioè 4 per ogni ordine mendicante, e perciò esclusi i gesuiti.

L’insegnamento elementare limitatissimo, così in Napoli, come nelle provincie. Fino al 1860, Napoli non ebbe che quattro scuole municipali gratuite e che scuole! Era preposto all’insegnamento elementare di tutto il Regno, don Giuseppe Turiello, un gran galantuomo, padre di Pasquale e fratello di Vincenzo, direttore dell’Omnibus. Come di questi due fratelli, uno si chiamasse Turiello e l’altro Torelli, sarà bene dirlo. Erano originarli di Basilicata e andarono a Napoli, giovanissimi. Un terzo fratello che si chiamava Aniello, trovando insopportabile la cacofonia del suo nome col cognome Turiello, cambiò questo in Torelli: sostituzione che Vincenzo accettò di buon grado, ma Giuseppe respinse, volendo rimanere Turiello. Egli si adoperava ad aumentare il numero delle scuole nelle provincie, ma trovava ostacoli insuperabili nei vescovi e nello stesso monsignor Apuzzo, il quale, al Turiello che un giorno gli ripeteva, con maggior calore del solito, le sue proposte, battendo amichevolmente con le mani sulle ginocchia, rispose: "Non tanta istruzione, non tanta istruzione, caro don Peppino„. Nè di minori sospetti erano circondati i rarissimi asili d’infanzia.


Presidente del Consiglio di pubblica istruzione era don Emilio Capomazza, consultore di Stato, uno dei tipi indimenticabili di quel tempo, perchè ad una vasta cultura canonica univa uno spirito volterriano, insofferente d’ogni inframmettenza del potere ecclesiastico nelle cose civili ed era giannonista implacabile. Avversava i gesuiti, e non erano infrequenti i conflitti con la Compagnia e coi suoi protettori, che avevano radici in Corte, non nell’animo del re, il quale li temeva più che non li amasse e non poteva tollerarne l’invincibile tendenza all’intrigo politico.

Don Emilio, come il Re lo chiamava familiarmente, aveva abitudini curiose. Innanzi tutto, pur essendo molto ricco, era altrettanto avaro, ma d’una avarizia più stravagante che sordida. Se ai figliuoli lasciava mancare qualche volta il necessario, quando morì essi trovarono infilzate ad un uncino non so quante polizze dei suoi stipendi, le quali da anni non riscoteva. I figli e la moglie avevano per lui un sentimento di affetto misto a terrore. Abitava nel suo palazzo al vico Nilo; ma quasi