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vane maestro Giuseppe Cacace di Taranto sopra libretto di Ernesto del Priete. Fu data solo due volte, eseguita mediocremente, e non più ripetuta per questioni insorte, come disse la "Moda„, tra il maestro e l’impresario. Il Cacace era un appassionato dell’arte, e ben conosciuto tra gli artisti, che si riunivano nel Caffè dei fiori. L’opera, che ebbe piuttosto favorevole successo, diè occasione a polemiche fra i critici, e la Moda scriveva: “Se questa opera fosse stata prodotta nel teatro del Fondo, o anche nel medesimo teatro Nuovo, ma con qualche artista diverso; e più, in tempi ne’ quali la tragedia lirica su questo teatro non meritava la censura del pubblico, che ora pretende opere buffe e e semiserie, avrebbe avuto esito brillantissimo, comunque il maestro non possa lamentarsi della riuscita; meritando pur egli fatta la possibile lode per aver data come prima produzione un lavoro, di cui si pregerebbe un più provetto maestro. La sovrabbondanza di musica nell’istrumentale, e che in alcuni pezzi he dato appicco alla censura di qualche aristarco, se non è lodevole, attese le attuali esigenze, mostra che il maestro ha farina nel sacco„.

Il maestro Cacace aveva non solo cultura, ma copiosa e naturale ispirazione melodica. Compose un’altra opera dal titolo Isabella, che non fa mai rappresentata. Scrisse inoltre musica sacra e un canto funebre di grande effetto, che ancora si esegue a Taranto nella settimana santa. Nel 1860 musioò un inno patriottico su poesia di Gaetano Portacci.

La Fenice inaugurò la stagione del 1858 con la Pazza del Vesuvio di Federigo Riccio, e nello stesso tempo destava furore al San Carlino la parodia delle crinoline e quella esilarantissima del Trovatore, succeduta all’altra, del Roberto di Piccardia, nonchè alle 99 disgrazie di Pulcinella e alla commedia del Marullo: Pulcinella che fa tricchetracche tanto a parte co no finto Farfariello. San Carlino e la Fenice, posti a pochi passi di distanza, si facevano una rabbiosa concorrenza, ma la palma del primato fu sempre del San Carlino. La Fenice scritturò il De Lise, che si faceva applaudire da un pubblico eteroclito. Al Sebeto si davano, annunziate da rumorosi colpi di grancassa e dal noto grido: jamme, jamme, ca mo se principia,1 tre rap-

  1. Andiamo, andiamo, che ora si principia.