Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/270

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dopo l’andata al Quirinale, si dovesse chiamare non piò conte aquila, ma... conte porco!

Pietrantonio Sanseverino, principe di Bisignano, era maggiordomo maggiore; il duca di San Cesario, Gennaro Marulli, cavallerizzo maggiore; il duca d’Ascoli, Sebastiano Marulli, somigliere del corpo; monsignor don Pietro Naselli, cappellano maggiore; il principe di Campofranco, Antonio Lucchesi Palli, maggiordomo maggiore onorario. Il marchese D’Avalos, stimato il più ricco signore del Regno, dopo Barracco, era anche sopraintendente generale degli Ordini mendicanti. Cavalieri di compagnia, il duca Riccardo de Sangro e il conte Giuseppe Statella, secondo figliuolo del principe di Cassero, e noto col diminutivo siculo di Pepè. Fra gentiluomini di camera, maggiordomi di settimana e gentiluomini di entrato, brillava in Corte quasi tutta l’aristocrazia del Regno.

I gentiluomini di camera di entrata, e i gentiluomini di camera con esercizio, si chiamavano anche chiavi d’oro, perchè solevano portare sull’abito, come distintivo della loro carica, dentro piccolo ed elegante sacchetto, una chiave d’argento dorato, per indicare che essi potevano entrare dappertutto nella reggia. Sulla chiave si leggevano incise le iniziali: V. R. S. che significavano Vitae Regis Securitas.

Erano quasi tutte cariche onorifiche non così quelle degli aiutanti generali del Re. Tra questi figuravano in primo luogo i fratelli di lui: il conte d’Aquila, col grado di vice-ammiraglio e il conte di Trapani, col grado di brigadiere. Nelle feste e nei conviti di Corte, nei ricevimenti ufficiali e nei baciamani, i gentiluomini di Corte, i maggiordomi e i gentiluomini di camera avevano, naturalmente, il primo posto dopo i sei altissimi dignitarii. Con tutti, ma principalmente coi capi di Corte, Ferdinando II usava con napolitana familiarità, chiamandoli per nome, parlando in dialetto, motteggiandoli e riprendendoli all’occorrenza. Per ragion di grado, ed anche per maggiori simpatie, egli vedeva più di frequente il suo aiutante colonnello Forcella e gli uffiziali alla sua immediazione: Leopoldo del Re, brigadiere di marina e Alessandro Nunziante, colonnello di stato maggiore. Con quest’ultimo era addirittura intimo e lo soccorreva largamente. Sapendolo in angustie pecuniarie, molto influì nella