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CAPITOLO XIV

Sommario: Il Banco di Napoli e il suo ordinamento — Le tre casse e i tre marchesi che ne erano a capo — Le fedi di credito — Avere il notaro insaccoccia — Il reggente Ciccarelli fanatico della nobiltà — La tribù del Banco — L’odio di Ferdinando II per le cambiali — Una succursale a Bari — Don Antonio Monaco e don Andrea de Rosa — Gli stipendi! e gli abusi di allora — Rovine nei nuovi tempi — Provvedimenti diversi — Fortunato provvedimento fu la scelta dell’uomo — La Zecca annessa al Banco — Distrutta eensa ragione — La Borsa e i maggiori agenti di cambio — La Camera consultiva di Commercio — I deputati della Borsa e i sensali — Giuseppe Raspantini e i suoi socii d’imprese teatrali — Le divise estere — Olii e grani — Case d’ordini — Rocca e Minasi-Ariotta — Perfetti e De Martino — Come ai giocava alla Borsa — I sensali dei principali negozianti — Federigo Pavoncelli — Movimento al molo piccolo — I negozianti di tessuti e dì coloniali ~~ La via dei mercanti — La politica commerciale del re — Le concessioni industriali di quegli anni e l’Istituto d’incoraggiamento — Fiere e mercati — Il re conoscitore di cavalli — Dialogo con Vincenzo Buonfiglio — Il re al ponte Farnese — Una sua esclamazione — Le Società Economiche c loro benemerente — Non potevano fare di più — Sul Liri, sull’Irno e sul Sabato — Povertà industriale del Regno — Un lavoro sul taglio dell’istmo di Suez — Considerazioni malinconiche.


Il Banco di Napoli dipendeva dal ministero delle finanze. Eugenio Tortora ha scritto due grossi volumi, narrandone la storia e le vicende dal 1539, in cui si apri la prima cassa pubblica in via della Selioe, all’ultimo riordinamento del 1863, fatto dal Minghetti, ministro delle finanze e dal Manna, ministro del commercio. Negli anni, dei quali parlo, il Banco era in Napoli diviso in tre casse; la prima cassa di corte, con sede nell’edificio di San Giacomo; la seconda cassa di corte, allo Spirito Santo, e la cassa