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Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/486

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disi, che trovava eccellente. Al tocco ai discese dall’episcopio; le carrozze erano pronte, e fra le grida, non molto clamorose della folla, e gli augurii e gl’inchini delle autorità, sì parti per Bari.

Da Brindisi a Bari, nuovi archi e grida e dimostratoci di gioia e di ossequio, da parte degli abitanti di San Vito. Carovigno, Fasano, Monopoli, Mola, Polignano, Noia, i quali con le proprie autorità, corporazioni religiose e guardie urbane, con bande e bandiere erano ragunati lungo la strada e acclamavano a perdita di fiato. Solo ad Ostuni non furono calde le accoglienze; e benchè vi si fosse fetta sosta pel cambio di cavalli, non si udirono grida di festa. Essendovi piuttosto numerosi i liberali, questi avevano data la parola d’ordine di astenersi da ogni dimostrazione, A Mola erano andati a incontrare i Sovrani l’arcivescovo di Bari, monsignor Pedicini, l’intendente Mandarini, il procuratore generale della Corte criminale, Lillo, e il direttore dei dazi indiretti, Margiotta. A Bari non si giunse che alle 9 e mezzo, e il re apparve quasi trasformate dal male.


Le accoglienze di Bari, dove i Sovrani erano attesi sin dal giorno 15, superarono in grandiosità tutte le altre. Giulio Petroni, che ne fu testimonio oculare e fece parte di una della commissioni, di ricevimento le ha narrate nel secondo volume della sua storia di Bari, in tutti i loro particolari. Il telegrafo elettrico, unicamente occupato per i dispacci governativi, era insufficiente a trasmettere tutti i dispacci d’ufficio. In nessuna città, come in quella, furono staccati i cavalli dalla carrozza reale, trascinata a braccia per le vie, fra grida assordanti. E re ricevette gli omaggi del sindaco, Giuseppe Capriate, delle autorità, dei capitoli palatino e metropolitano, dei seminaristi e delle confraternite, sotto l’arco trionfale di stile gotico innalzato all’ingresso della città, e sul quale era scritto: Alle auguste maestà — di Ferdinando II e Maria Teresa — Bari riconoscentissima. Nè il re, nè i principi discesero dalle carrozze. Gli archi erano illuminati da lanternini di vetro, detti lamporielli, d’un bellissimo effetto e di molto puzzo. Alcune confraternite ebbero l’infelice idea di mandare i proprii rappresentanti vestiti del sacco, e questi fratelloni con le torce accese in mano, come le avevano tutti, davano alla cerimonia l’appa-