Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/522

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pezzerie che vi erano, furono bruciate dopo la morte del re, ritenendosi infettiva la malattia di lui. Venne tolta e bruciato anche la tappezzeria in seta della camera precedente, perchè di là passò il cadavere, quando, per la scala segreta, fu disceso giù nel portone a sinistra, donde venne trasportato alla ferrovia. Il letto era accosto al muro, dov’è oggi uno specchio in faccia di chi entra: letto basso, ad una piazza e mezza, poca più ampio della branda di Lecce e di Bari. Oggi quella camera seguita a essere da letto, ma il letto sta nel mezzo e guarda le due finestre. Vi dormì il principe Amedeo con la principessa Letizia, appena dopo il loro matrimonio. Come camera da dormire, è veramente la più bella, e aveva fin d’allora i cessi con acqua scorrente e un ascensore a mano. Le camere che seguono; fra le quali i due gabinetti detti degli specchi, con splendidi decorazioni di stile Luigi XV, sono oggi nelle stesse condizioni. Il duca e la duchessa di Calabria presero stanza allo stesso piano nobile, nel grande appartamento a destra, dalla parte opposto alla camera del re. Quell’appartamento si conserva oggi tal quale, col letto nuziale, gli specchi, i quadri, le immagini sacre, la toilette di marmo, la vasca di porfido per il bagno e la scrivania, che servì al duca di Calabria e che era servita a Murat. Vi è inoltre la tavola barocca con miniature di costumi fantastici donata dal Corpo della città di Napoli al duca di Calabria in occasione dalle sue nozze.

L’appartamento molto soddisfece la duchessa di Calabria. Per lei, il passaggio delle due infelici camere dell’Intendenza di Bari, che formarono nei primi trenta giorni della supposta luna di miele tutto il suo mondo, alla nuova dimora, fu una sorpresa che non immaginava. Il palazzo dì Caserta, con i giardini, il parco, la cascata, il lago, i romantici viali, la libertà, grande, le lunghe passeggiate e le clamorose ciucciate quotidiane, rappresentavano per la giovane sposa una certa felicità, e se ne mostrava quasi riconoscente con la Rizzo, la quale aveva a lei tanto decantata quella dimora, per distrarla nei malinconici giorni di Bari. I cognati Luigi e Alfonso, ai quali si aggiunse Gaetanino, di tredici anni, loquace e fantastico, facevano a gara per divertirla. Anche le due maggiori cognate le si mostravano molto affettuose, sebbene fossero poco espansive e ritraessero l’indole schiva e fredda della loro prima camerista, donna Antonietta de