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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/143

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merita speciale ricordo la polemica con Vincenzo Petra, a proposito della Saffo di Tommaso Arabia; e fra gli altri, un’interessante recensione sul bel libro di Giacomo Racioppi: Dei principii e dei limiti della statistica. Carlo de Cesare scriveva di economia, d’industrie e di letteratura; Federigo Quercia illustrava i versi di Aleardo Aleardi, che egli definì il poeta del secolo XIX, e ne pubblicò il Monte Circello con una geniale prefazione. Saverio Baldaccbini scriveva una serie di articoli sul poeta inglese Giovanni Keats, e Carlo Tito Dalbono, erudite ed enfatiche rassegne sulla pittura napoletana, dalla morte del Solimena a noi.

Non vanno dimenticati, fra i giornali d’allora, il Bazar letterario, diretto da Vincenzo Corsi e pubblicato a dispense; la Rondinella, il Truffaldino e le Serate di famiglia, che videro la luce nel 1856. Le Serate di famiglia dirette da Raffaele Ghio e da Michelangelo Tancredi, pubblicavano articoli di educazione, di pedagogia e di amena letteratura. Vissero due anni di vita stentata e bersagliata dai revisori, i quali, tra l’altro, un giorno cancellarono la parola Italia, annotando: "Quando la finirete con questa f... Italia?„; e il titolo di un articolo: La costituzione di un fanciullo, mutarono in: La conformazione di un fanciullo. Il Tornese e il Menestrello comparvero nel 1856; un anno dopo, il Teatro, diretto da Alessandro Avitabile e nel 1858, la Babilonia: giornaletti, mezzo teatrali e mezzo umoristici, senza importanza e senza lettori. Don Lorenzo Zaccaro, prete calabrese, chiuso più tardi nelle carceri di San Francesco per supposta complicità nell’attentato di Agesilao Milano, pubblicò in quegli anni l’Ortodosso, diretto da Giosuè Trisolini, chirurgo militare all’ospedale della Trinità, padre di Tito, allora emigrato, che poi fu dei Mille, e di Giovanni, allora giornalista teatrale e poi impresario. Come il Nomade e l’Epoca, mercè le aderenze dei loro direttori avevano ottenuto raccomandazioni dal ministero di polizia agl’intendenti per avere degli associati, l’Ortodosso ne ottenne dal ministero della guerra, ed erano quasi tutti militari i suoi lettori, del resto non molti. Una sera si discuteva sul significato del suo titolo tra parecchi ufficiali nella Casina militare, che aveva sede sulla cantonata tra la discesa del Gigante e il largo di Palazzo, e fu sentenziato che ortodosso era.... una parola spagnuola!