Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/185

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Sire,

Massimo fu l'orrore quando seppe la rea notizia del nefando attentato del sacrilego Agesilao Milano.

Immenso giubilo provò, ed infiniti ringraziamenti rese all'Altissimo nel Sacro Tempio, dove si celebrò messa solenne coll'esposizione del Santissimo, col canto dell'Inno Ambrosiano e colla processione del Santissimo per l'intero abitato, per la conservata preziosa vita della Maestà Sua, ritenendosi come soprannaturale essere evidentemente protetto da Dio e dalla Beatissima Vergine.

Lontano trecento miglia da Napoli in una recondita giogaia delle Calabre montagne, il comune di San Benedetto Ullano, divenuto oggetto di triste celebrità per aver dato i natali ad un mostro di esecranda memoria, ne rinnega tale infausta relazione, e ripudia ogn’idea di comunione col medesimo. L'empio sacrilego che osa attentare ai preziosi giorni di un Sovrano così pietoso, delizia dei suoi sudditi, non ha patria, ed in ogni angolo della terra sarà straniero abborrito; l’umanità intera abbomina di averlo nel suo numero.

L'intera popolazione umilmente prostrata ai piedi della Sacra M. S. osa implorare la Sovrana clemenza a pro di essa, assicurando la lodata M. S. dell'attaccamento e divozione verso la Sacra Real Corona.


Agesilao Milano era nato a San Benedetto Ullano, in provincia di Cosenza; aveva 26 anni ed apparteneva a famiglia civile, albanese di stirpe. Nel 1848 s’era trovato a Spezzano fra i militi del Ribotty; e fin d’allora, si asserì, concepisse il disegno di liberare i popoli delle Due Sicilie dal tiranno. Era un eroico alluccinato, il quale credeva che, tolto il Re di mezzo, la libertà sarebbe stata assicurata nel Regno. Volontà di ferro, carattere chiuso, spirito esaltato, ma che sapeva dominarsi e dissimulare, mazziniano ardente, egli agi per suo conto. Ai suoi amici più intimi, ai soli intimi che avesse in Napoli, Giambattista Falcone di Acri e Antonio Nocito di San Demetrio, studenti, lasciava intendere che, un giorno o l’altro, avrebbe compiuta una gran cosa e gli amici del Nocito e del Falcone lo ripetevano nell’orecchio di altri pochi intimi; ma per gli uni e per gli altri, questo giovane albanese quasi mutolo, che non rideva mai, era un punto interrogativo. Nessuna cospirazione armò la mano di lui. Maturò a lungo il disegno e lo eseguì, diciamolo, pur deplorando tanto coraggio, eroicamente. Nessun regicida affrontò il Re a capo delle sue truppe, alla luce del sole e in una solenne occasione. Quel giorno erano sul campo di Marte 8000 soldati, e un immenso pubblico che, allora come