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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/318

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grandi città marittime, le quali vivevano sfruttando le risorse della parte interna dell’Isola, la quale se non era nelle condizioni di cinquantanni prima, descritte dal Meli, di poco ne differiva. "Il primo aspetto della maggior parte dei paesi e dei casali del nostro Regno — scriveva il Meli — annunzia la fame e la miseria. Non vi si trova da comprare né carne, né caci, né tampoco del pane, perchè tolto qualche benestante, che panizza in sua casa per uso proprio, tutto il dippiù dei villani e dei bifolchi si nutrono d’erbe e di legumi, e nell’autunno, di alcuni frutti spesso selvatici e di fichi d’India .... Non s’incontrano che facce squallide sopra corpi macilenti, coperti di lane cenciose. Negli occhi e nelle gote dei giovani e delle zitelle, invece di brillarvi il natural fuoco d’amore, vi alberga la mestizia, e si vedono smunte, arsicce, deformi sospirare per un pezzetto di pane, ch’essi apprezzano per il massimo dei beni della loro vita„ .1

Il quadro è triste, e se dal tempo in cui scriveva il Meli, qualche cosa si era fatta, purtroppo nel complesso le condizioni erano rimaste le medesime, soprattutto nella regione del latifondo e delle miniere. Lo scritto del Meli è pieno di buon senso e di verità. Egli sembra un buon socialista dei nostri tempi: sposa coraggiosamente la causa dei lavoratori della terra contro "quell’immenso stuolo di parassiti, di cui abbondano le città e specialmente la capitale e che, a guisa di mignatte, succhiano e si nutrono del sangue e dei sudori degli uomini onesti, utili e industriosi„. Spiega e deplora il crescente spopolamento delle campagne e il continuo aumento degli accattoni nella città; e perchè medico e poeta, riproduce nel manoscritto un’ottava dei suoi versi, bellissima d’impeto lirico e sociale:

Vui autri picurare e viddaneddi,
Chi stati notti e jornu sutta un vausu
zappannu, o guardannu picureddi
Cu l’anca nuda, e cu lu pedi scausu,
Siti la basi di cità e casteddi,
Siti lu tuttu, ma ’un n’aviti lausu;
L’ingrata società scorcia e maltratta
Ddu pettu, chi la nutrì, ed unni addatta.


  1. Riflessioni sullo stato presente del Regno di Sicilia (1801) intorno all’agricoltura e alla pastorizia, autografo pubblicato per cura del prof. Giuseppe Navanteri. — Ragusa, Piccitto e Antoci, 1896.