Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/319

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Non si era divenuti più umani, con la povera gente delle campagne, che nelle apparenze. Se non si vedeva più. lo spettacolo, contro il quale insorgeva lo stesso Meli, di buttare addosso ai campagnoli pietre, torsi e sporcizie e di metterli in dileggio nelle commedie dialettali, non si era più giusti con essi. I signori vivevano lontani dai loro fondi sterminati, dei quali forse ignoravano il confine, né vi andavano per difetto di strade principalmente, così come oggi non ci vanno per difetto di sicurezza, e ignoravano veramente le condizioni dei lavoratori di campagna, affidati alla mercè dei così detti "gabelloti„.

Il popolo siciliano è uno dei più rassegnati della terra. La dominazione musulmana vi lasciò una larga, anzi doviziosa eredità di fede incrollabile in una forza superiore, da cui tutto dipende. È qualità di razza e però non muta, e solo lentamente potrebbe modificarsi. Cosi si spiega come nella terra più ferace del mondo, vi erano allora ed esistono anche oggi pregiudizii ed esempii di miseria materiale e morale, che non sembrano credibili, e a pochissima distanza, quasi l’una accanto all’altra, l’estrema civiltà e l’estrema barbarie; e come, infine, negli anni che son corsi dal 1860 ad oggi, la classe più pervertita è sempre quella contro la quale alzava la voce il Meli: la classe dei paglietti, dei fiscali e dei parassiti, precisamente di quelli che formano oggi la così detta clientela elettorale, da cui emana il potere. Allora la rassegnazione aveva due elementi maggiori a suo vantaggio: uno materiale, la Chiesa con le corporazioni religiose che esercitavano un’azione economica moderatrice; ed uno morale e politico, che vi era cioè un nemico comune, autore di tutti questi mali e di tutte queste miserie: un nemico forestiero, contro il quale, un giorno o l’altro, sarebbero tutti insorti e il nemico era il Re e col Re, i napoletani. Questo sentimento, diffuso nelle campagne non senza malizia dai proprietari stessi e dai loro fattori, teneva sempre vivo il malcontento contro le autorità, non lo rivolgeva mai contro i padroni, reputati vittime anche loro; e rendeva facile la formazione delle squadre, quando v’era da menar le mani contro il governo. Il latifondo, in ispecie, mutava i miseri contadini in insorti, o li raccoglieva e nascondeva, divenuti malandrini.

Ho accennato alla funzione sociale ed economica che esercitava il clero, ricchissimo. La terza parte del patrimonio dell’Isola