Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/369

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riconoscenza al Mirabelli, ma egli fu personalmente onesto, e, perduto l’ufficio nel 1860, visse a Napoli in miseria il resto della sua vita. Suo figlio Filippo era sottointendente di Altamura.

Primi ad esser presentati furono il sindaco della città, don Niccola Maria Galasso, vecchio ed onesto amministratore; il segretario generale dell’intendenza Tortora-Brayda, che da poco tempo vi era stato destinato da Foggia; don Michele La Mola, presidente della Corte criminale e padre dell’attuale prefetto; don Giuseppe Spennati, procuratore generale; il presidente del tribunale Giuseppe Talamo e don Gaetano Barbatelli, ricevitore generale della provincia, il quale, perchè devoto ai Borboni, fu destituito nel 1860, e non avendo svincolata a tempo la grossa cauzione, vide andare in fumo la sua sostanza. Il Talamo, presidente del tribunale, aveva sensi liberali, nè li nascondeva. La casa sua e quella del vecchio colonnello de Concily erano il ritrovo dei liberali. Quest’ultimo, tornato nel Regno in virtù della Costituzione del 1848, era stato invitato dal Re a riprender servizio nell’esercito col suo grado di colonnello, ma ricusò e solo cedette alle insistenze dei suoi amici, Raffaele Carrascosa e Guglielmo Pepe, i quali lo vollero colonnello della guardia nazionale di Napoli. Abolita la Costituzione, si ritirò in Avellino e visse quasi da solitario. Garibaldi, con decreto del 10 settembre 1860, lo promosse generale, e Cavour, senatore del Regno, subito dopo l’annessione delle provincie meridionali. Mori nel 1866 in Avellino, all’età di 92 anni. In casa del De Concily convenivano in quegli anni Pirro de Luca, nobile animo e mente colta e geniale; Emidio de Feo, che ha lasciata onorata fama di sè; Gioacchino Orta, Domenico Capuano, Gioacchino Testa, Enrico Capozzi conservatore delle ipoteche, che univa alla grande fortuna spirito colto e gusto d’artista, il dottor Giuseppe Amabile, padre di Luigi, Angelo e Giuseppe Santangelo, Niccola e Vincenzo de Napoli, Tommaso Imbimbo e, fra i più giovani, Raffaele Genovese, Vincenzo Salzano, Florestano Galasso e Tito Criscuolo, i quali più tardi vedremo figurare tra i più ardenti nel movimento rivoluzionario. Motto d’ordine dei liberali avellinesi fu l’astensione completa dalle feste. La rigidità della stagione e l’età del De Concily, che aveva superato gli 85 anni, potevano rendere non sospetta l’assenza di lui, ma Ferdinando II la notò, nè mancò chi a lui la commentasse malignamente.