Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/59

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Non finirono con la partenza del Re le feste in suo onore, in Sicilia. Continuarono a pervenire istanze di città e di paesi, che sollecitavano l’onore di presentare al Sovrano i loro omaggi. Erano così numerose le insistenze, che il luogotenente fu costretto a diramare, il 28 ottobre, agli intendenti e sottointendenti dell’Isola questa circolare:

Da tutti i Comuni di questa parte dei Reali Dominii mi giungono delle suppliche per l'organo dei Decurionati, nelle quali, manifestandosi il vivo entusiasmo, destatosi nelle popolazioni allo annunzio che S. M. il Re S. N. avea visitato Messina e Catania, si chiede la permissione di potersi spedire in questa delle Deputazioni per mettere ai reali piedi gli omaggi della loro devozione e della loro fedel sudditanza.

Non potendosi per ora esaudire questo desiderio pel ritorno di già fatto dal Re nel continente, Ella farà sapere ai suoi Amministrati, ch'io sottometterò alla Maestà Sua questa loro ardente brama, nella non lontana speranza che il Monarca, onorando di Sua Augusta presenza questa città ed altre dell'isola, potranno le Deputazioni venire a tributarle le felicitazioni e gli omaggi.

Si noti lo studio del Filangieri di far intendere che il Re sarebbe tornato in Sicilia, onorando di sua presenza questa città, cioè Palermo.

Nè basta. Alcune concessioni relative al commercio provocarono da parte della nuova Camera di Commercio e del Senato messinese due indirizzi quasi ridicoli per la loro esagerazione, che un’apposita e numerosa commissione andò a presentare a Napoli. Ne fecero parte il marchese Cassibile, il senatore Giuseppe Cianciafara, il barone Giuseppe Calfapietra, decurione, il principe della Scaletta, il marchese Gerolamo de Gregorio Scotti e il giudice di tribunale Tommaso Cassisi, figlio del ministro, oltre ai rappresentanti della Camera di Commercio: una folla addirittura. Fu chiesta al Re l’autorizzazione di coniare una medaglia commemorativa per tanti beneficii! Messina veramente non ebbe misura in quella circostanza. Ci fu anche una tornata solenne dell’Accademia Peloritana, per commemorare la dimora reale nella città, ed ebbe luogo il 14 novembre. Nell’atrio dell’Accademia si leggeva un’ampollosa iscrizione. Presedette la tornata il cardinale arcivescovo, e il Mistretta, procuratore generale della Gran Corte Civile, recitò un discorso, nel quale parlò così del periodo rivoluzionario: "Ei venne e vide i suoi popoli riposarsi di già ricollocati e felici sotto l’antico