Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/108

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ottenere un impieguccio nelle amministrazioni locali, poichè in quelle dello Stato gl’impieghi erano patrimonio ereditario dei napoletani. Molte famiglie della borghesia, cadute in bisogno, raccoglievano le ultime risorse e correvano a Napoli a cercar fortuna, non altrimenti di quel che fanno oggi i contadini calabresi, abruzzesi e lucani, emigrando in America.

I nobili vivevano in gran parte a Napoli, e solo di tanto in tanto facevano una gita nelle provincie, per riscuotere le rendite, rinnovare gli affitti, ma più spesso per contrarre un debito o vendere una tenuta. L’arrivo del principe o del duca nel paese natio era occasione desiderata di conviti e di balli, ed argomento di acute e maligne congetture. I nobili generalmente non erano simpatici ai provinciali, che li consideravano napoletani, e l’essere napoletano non era per i nostri vecchi una raccomandazione; chè, certo a torto, napoletano era per essi sinonimo d’imbroglione. Quel parlare sarcastico e quell’aria di canzonatura perenne, per cui non si capiva se dicessero sul serio o da burla, riusciva ai provinciali intollerabile. Nè questi avevano torto, perchè i nobili si permettevano sovente scherzi inverosimili, ne sempre di buona lega, e canzonavano le loro abitudini, le diffidenze e le tirchierie, non risparmiando quelli, alla cui borsa erano costretti a ricorrere. In Sicilia, invece, i nobili andando nei loro feudi, erano festeggiati e fatti segno ad ogni sorta di ossequii, ma vi andavano assai più di rado.


A studiar bene i fenomeni della vita morale e sociale d’allora, non si può non riconoscere che i rapporti fra gli abitanti della capitale e quelli delle provincie erano improntati a scambievole diffidenza. Se fra Napoli e la Sicilia, per ragioni di storia e incompatibilità di razza, la diffidenza raggiunse gli estremi di un’avversione indomabile, bisogna pur riconoscere che fu alimentata, quasi in ogni tempo, dal governo. Fra Napoli e le Provincie del continente non avrebbe dovuto essere così; ma il napoletano si considerava un privilegiato, e i provinciali erano per lui una razza inferiore sol perchè goffi nel discorrere, nel vestire, nel muoversi. Quando i provinciali erano ricchi, si dava lor biasimo dai napoletani di non saper godere le ricchezze, e s’imputava loro a colpa, se, venendo a Napoli, non si lasciassero spogliare, e a maggior colpa, se si circondassero di cautele e di