Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/153

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forza motrice fu utilizzata solo quella del canale destro, che muove anche oggi due mulini da grano; mentre la forza del canale di sinistra, di circa cento cavalli, rimase morta. Il Simeto è il maggior fiume di Sicilia, ricco di acque, soprattutto nella piana, a pochi chilometri dalla foce. Nè da allora si è fatto altro, nonostante che a Catania siano tutti convinti della necessità di quest’opera, che farebbe di quella piana feracissima e delle convalli superiori, la regione più ubertosa del mondo. Oggi i lavori incompiuti ammorbano l’aria, perchè alimentano una quantità di piante palustri lungo i condotti.


Era intendente della provincia il conte Angelo Panebianco di Terranova, il cui fratello, frate conventuale a Roma, fu creato cardinale da Pio IX nel 1861. L’intendente aveva fama di rigidezza eccessiva in politica, ma in verità non si ricorda alcun suo eccesso veramente biasimevole. Teneva bensì d’occhio i liberali e li molestava all’occorrenza, tanto da indurre Luigi Gravina, oggi senatore del Regno, a lasciar Catania nel 1852 e ad emigrare volontariamente a Malta. Il Gravina era stato aiutante di campo del generale Mierolawski. L’intendente nativo, come ho detto, di Terranova, apparteneva a ricca e civile famiglia, ma il titolo di conte l’ebbe da Pio IX, ad insistenza del fratello cardinale. Governò Catania circa nove anni, e fu tenuto in grande considerazione da Filangieri e da Maniscalco; da quest’ultimo soprattutto, il quale soleva scrivergli lettere autografe, che si aprivano con un pregevole amico, e si chiudevano costantemente: credetemi pieno di affetto. Le lettere difatti che gli scriveva, erano addirittura intime, e con lui si abbandonava a sfoghi e a confidenze, delle quali a nessun costo avrebbe onorato altri.

Nelle lettere, che vanno dal febbraio 1859 a pochi giorni dopo il tentativo della Gancia, si leggono periodi di questo genere: “Una mano di occulti demagoghi agitano a quando a quando il paese, ma non sono ignorati dal direttore di polizia. Io rifuggo dalle prigionie politiche, di un castigo, che nobilita per così diro della canaglia, che nulla sente di generoso e peregrino; li seguo da lunga mano, aspettando l’occasione di dare un colpo ardito„. — Dopo l’attentato contro di lui, l’epistolario ha un tono più severo, anzi addirittura minaccioso. — “Uno dei flagelli della Sicilia — scriveva in data 20 ottobre 1859 — sono i magistrati, che