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con le di lui donne, le fece manifesto che cercava la sua serva per farsi provvista di pane ed altro, poichè la dimani si voleva per certo una insurrezione, e quindi non voleva rimanere digiuno.
Richiesto essendo noi l’arrestato Urbano sullo assunto rispose, che egli fu presente a quanto viene di rapportare il suo cognato, ma non prese ninna parola e non intese la parte della Gancia.
Il Basile, che per l’imbecillità o la malvagità di quei due, aveva saputo che sarebbe scoppiata l’insurrezione la dimane nei pressi della Gancia, non era un finto liberale, nè aveva bottega di chiavettiere in via del Comune, come fu asserito: era invece uno di quegli agenti adoperati a tener d’occhio i bassi fondi della mafia; tanto è ciò vero, ch’egli, come risulta dal suddetto verbale, aveva facoltà di arrestare, e arrestò difatti l’Urbani e il Muratori. Che questi poi ignorassero con chi avevano da fare, è verosimile. A me non è riuscito avere alcuna notizia di costoro, ma è certo che furono essi i delatori, forse ignorando che il Basile era un agente di polizia. Rimane poi escluso che abbiano parlato del convento della Gancia, come del centro della rivolta, perchè se la sera del giorno 3, la polizia avesse conosciuta questa particolarità, non avrebbe esitato un momento ad invadere e perquisire il convento, e avrebbe scoperto tutto. Si noti che il verbale porta la data del 7 aprile, e che l’ispettore Catti potè aggiungervi di sua testa la circostanza della riunione nel convento della Gancia, già passata nel dominio della storia, e attribuirla al Basile, per dare maggior peso alla deposizione di costui. Questa era pure l’opinione del Pisani, il quale escludeva che la sera del 3 vi fosse stata alcuna perquisizione in quel convento, come hanno affermato alcuni, ma senza prove, per concludere, con la consueta leggerezza, che la polizia fu ingannata, dai religiosi conniventi coi cospiratori; mentre altri affermarono invece che i religiosi avessero denunziato il complotto. Ma tutte queste non sono che fandonie, perchè i religiosi, come risultò luminosamente dal processo, non sapevano nulla, ed in ciò consentono anche le persone più intelligenti di Palermo. Al capitano Chinnici, il Maniscalco, che aveva de’ sospetti sui frati, diè ordine di bloccare nella notte le uscite del convento, ma, religiosissimo com’era, quell’ufficiale non si credette, in base di semplici sospetti, autorizzato a penetrare con la forza in un convento di francescani. La polizia, posta sull’avviso dall’agitazione