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Gallotti ordinò allora che fosse rotto il filo fra Palermo e Marsala. Era un’ora dopo mezzogiorno.
Garibaldi, con la sciabola sulla spalla sinistra, portata a modo di bastone, dava ordini e raccomandava a tutti la calma; e quando lo sbarco fu compiuto, e vide che i legni napoletani si accostavano, ordinò di chiudere le porte della città; ma fu inutile, perchè un temuto sbarco di truppe non si verificò e il bombardamento cessò presto. Alcuni giovani marsalesi, nascosti innanzi alla casa comunale, gettarono qualche timido grido di Viva l’Italia, Viva Vittorio Emanuele. Garibaldi affidò al municipio il governo politico della città; dettò a Marsala il famoso primo proclama ai siciliani e si occupò del suo esercito, che vedeva tutto schierato per la prima volta sotto i suoi occhi. Che esercito! Non arrivavano a centocinquanta quelli che indossavano la camicia rossa: altri erano in borghese. Giuseppe Sirtori, capo dello stato maggiore, era vestito in nero, col cappello a cilindro: curiosa figura tra il medico e il prete; Nullo portava un mantello bianco, come capo delle guide; Tùrr vestiva all’ungherese; Bixio indossava l’uniforme di tenente colonnello piemontese: grado ch’egli aveva nel 34° di linea; Crispi anche lui in abito nero; la signora Monmasson vestiva da uomo, e Garibaldi indossava il famoso puncho, e sotto il puncho, la camicia rossa, e in testa un berretto tondo. Giuseppe Campo portava la bandiera. Nè a Salemi, nè a Vita, nè a Calatafimi crebbe il numero delle camicie rosse; anzi, dopo le disastrose marce che precedettero l’entrata a Palermo, parecchi di quei guerrieri erano così laceri, che loro cadevano a brandelli giubbe e pantaloni.
La cassa dei Mille, quando si partì da Quarto, era di cinquantamila lire; quando si giunse a Palermo, era di ventimila: tutta la marcia non costò che trentamila lire. Nè ufficiali nè militi prendevano paga. Ciascuno aveva un peculio proprio, abbondante o scarso, secondo la condizione rispettiva. I genovesi e i bergamaschi erano i meglio forniti di danaro e aiutavano i compagni, benchè di questi aiuti non si sentisse il bisogno, perchè da Marsala a Palermo non corsero che due settimane. Di armi, non se ne parla: fucili di guardia nazionale, quasi tutti arrugginiti. Solo i carabinieri genovesi, comandati da Mosto, erano benissimo armati. Luigi Cavalli, mio collega alla Camera dei deputati, mi narra che a Calatafimi dovè adope-