Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/222

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e la Corte erano inoltre convinti che il Piemonte aiutava l’impresa, facendo mostra d’ignorarla o di disapprovarla. Altre informazioni, pervenute qualche tempo prima alla polizia, lasciavano credere che Garibaldi fosse a Tunisi.

L’annunzio di Canofari non giunse dunque improvviso; ma il pubblico ne seppe qualche cosa solo la sera del dì seguente, quando arrivò da Genova il vapore il Quirinale delle Messageries, il quale recò la notizia che a Genova eran tutti in festa, per la partenza di una grossa spedizione in Sicilia, capitanata da Garibaldi. Alle due del giorno 7, il Re, tornato dal duomo a Portici, mandò Nunziante a chiamar Filangieri, e a lui rivelò la cosa e gli chiese alcuni consigli circa la convenienza di far partire nuove truppe per la Sicilia. Era abbattuto e volle che Filangieri pranzasse a Corte. Vi pranzò anche il conte d’Aquila, che mostravasi furioso contro Maniscalco; nè a dir male di Maniscalco era solo il conte d’Aquila. Il principe di Rammacca faceva altrettanto in quei giorni, e il Re gli rispondeva: “Hai ragione, ma in questo momento non posso cambiare nè il direttore di polizia, nè il comandante della piazza di Palermo, nè tutta la compagnia dei Carega, Puntillo, Chinnici; pazienza dunque, ed aspetta„. Il principe di Rammacca era stato Pari nel 1848, tra i più esaltati, per cui andò fuori dal Regno; ma ad intercessione di Cassisi ebbe grazia dal Re, si convertì, si stabili a Napoli e andava a Corte. 1

Il giorno 11, a un’ora dopo mezzogiorno, il principe di Castelcicala annunziò con un telegramma al Re lo sbarco di Garibaldi a Marsala, e il Giornale Ufficiale, non potendo più tacere, riferi, quattro giorni dopo, il fatto in questi termini: “Un atto di flagrante pirateria veniva consumato l’11 maggio mercè lo sbarca di gente armata alla marina di Marsala. Posteriori rapporti han chiarito esser la banda disbarcata di circa 800, e comandata da Garibaldi. Appena quei filibustieri ebbero preso terra, evitarono con ogni cura lo scontro delle reali truppe, dirigendosi, per quanto ci vien riferito, a Castelvetrano, minacciando i pacifici cittadini, e non risparmiando rapine, e devastazioni di ogni sorta nei comuni da loro attraversati. Ingrossatisi nei primi quattro giorni della loro scorreria con gente da loro armata e profusamente pagata, si spinsero a Calatafimi„.


  1. Archivio Filangieri.