Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/318

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Guglielmo Acton, il quale nella mischia restò ferito da una palla di moschetto al ventre, e l’uffiziale Cesare Romano. Il Tukery ebbe undici morti e molti feriti; ma, quel che fu più doloroso, due sue imbarcazioni, cariche di carabinieri genovesi, i quali dovevano dare un altro assalto al Monarca vennero capovolte nella rapida manovra per dare indietro. Quasi tutti perirono. Il Monarca fu ribattezzato poi col nome di Re Galantuomo. Erano a bordo del Tukery, in quella notte, che fu dal 13 al 14 agosto, oltre al Piola, al Burone, al Lovera e ai Canevaro, piemontesi, il giovane Trefìletti, siciliano, e i due fratelli Cottrau, Paolo e Giulio: il primo, promosso in quei giorni tenente di vascello; e il secondo, volontario dilettante, che, per bisogno di emozioni e per affetto fraterno, si era imbarcato a Palermo per quella spedizione. In seguito al tentativo contro il Monarca, il giorno stesso fu proclamato a Napoli lo stato d’assedio; ma questo non rallentò l’azione dei due Comitati, non moderò il linguaggio della stampa unitaria, e non frenò le cospirazioni di Villamarina e di Persano, di Visconti Venosta e di Finzi, di Ribotty e di Mezzacapo, di Nisco e di Devincenzi e di tutti i liberali unitarii, nè lo sfacelo progressivo della marina militare.

A proposito del tentativo sul Monarca, Luigi Giordano scriveva al Comitato di Cosenza:

La scorsa notte, nel porto di Castellamare, si è appressato un legno. Interrogato, ha risposto: Legno francese, che àncora. Nessuno vi ha più badato. Intanto sopra due lance discesero degl’individui, fra’ quali, dicesi, Garibaldi han tagliato le gomene del vascello napoletano il Monarca, di 80 cannoni, e poscia han cominciato a tagliare, mercè di scalpelli, la gran catena. La guardia del vascello si taceva, sicchè si è creduto dagli uomini della scialuppa che il legno era senza guardia. Agivano quindi da disperati e senza molti riguardi. Uno di loro disse: Questa maledetta catena non vuol cedere. Allora la guardia del vascello si è accorta, che i colpi del martello erano su la catena del Monarca, mentre credevali sul legno, che avea dichiarato di voler ancorare. Si gridò all’arme! I soldati, accorsi al loro posto, si avvidero dell’inganno, e s’impegnò un attacco fra le scialuppe, i soldati e il fortino di Castellamare. Le scialuppe, dopo breve resistenza, si ritirarono, ed avvicinatosi il vapore il Veloce, imbarcò gli uomini e prese il largo.1


  1. Archivio Morelli.