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bilmente inetti e noncuranti, non solo della causa che difendevano, ma della loro stessa reputazione: primo fra tutti, il Lanza, il quale non ebbe un sol lampo di risoluzione, e che chiusosi in palazzo Reale dal suo arrivo a Palermo, non ne usci che per sottoscrivere il secondo armistizio, dopo un iniquo e inutile bombardamento!
Si è parlato del Lanza e del Landi, ma sarà bene spendere una parola per gli altri. Il colonnello Cammillo Buonopane, che in quei giorni fece da spola fra Napoli e Palermo e sottoscrisse con Garibaldi la convenzione finale, veniva ritenuto il più dotto ufficiale dell’esercito, ed era sottocapo dello stato maggiore. Aveva precedenti liberali, e prima del 1848 era stato amico di Mariano d'Ayala e di Niccola Schiavoni, ma dopo il 1848, divenne assolutista convinto. Era intimo dell’abate don Mauro Minervini e aveva in moglie una baronessa Garofalo. Ricordo che quando, dopo il 1860, Niccola Schiavoni tornò dall’esilio, rivide il Buonopane in casa del Minervini. I due amici si narrarono a vicenda i proprii casi; e il Buonopane, rimasto borbonico, benchè dopo la convenzione del 6 giugno, sospettato di tradimento, fosse relegato in Ischia, non nascose allo Schiavoni tutta l’amarezza sua per sì ingiusti sospetti. Morì nell’agosto del 1862. Egli non aveva nessuna delle qualità acconcie per il posto che occupava, nè gli riusci di formare un piano di guerra contro Garibaldi, e quando gli fosse riuscito, non sarebbe stato possibile farlo accettare dal Lanza, la cui incapacità era soltanto superata dalla testardaggine di voler fare a modo suo, e ch’egli disprezzava. Capo dello stato maggiore era il generale Ischitella, il quale valeva meno del Buonopane, e che in quei giorni rappresentò, in modo così perfetto, la parte del confusionario, che interloquiva su tutto e non riusciva a far indovinare che cosa veramente volesse. Il Letizia pareva il più risoluto, e benchè vecchio, rivelava vivacità giovanile, ma il suo spirito era più vivace che illuminato, anzi scettico e leggiero nel fondo: non aveva paura, ma neppure iniziativa. Sotto il comando di un generale intelligente e audace, il Letizia si sarebbe fatto onore; lasciato a sé stesso, fu travolto nel vortice della comune rovina. I cognomi di Letizia e di Buonopane davano luogo ad epigrammi, da parte dei liberali. Uno dei più ripetuti era, che non si poteva perdere con letizia e buono pane, o che si sarebbe perduto . . . allegramente!