Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/344

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Le colonne del Mennuni e del Mancusi marciarono su Potenza la sera del 17 e accamparono a poca distanza dalla città. La mattina del 18, il Castagna raccolse i suoi gendarmi sulla spianata di San Rocco, per andar loro incontro o per eseguire una ricognizione innocente, come disse. I cittadini di Potenza credettero invece che si allontanasse per non tornarvi più. Ma, dopo poco tempo, ecco che i gendarmi inopinatamente rientrano in città in attitudine minacciosa, fanno fuoco sui cittadini, che erano corsi alle armi, ammazzano una diecina di persone e poi se la battono verso Pignola, Tito e Picerno, dove furono, di mano in mano, disarmati da poche guardie nazionali di Tito, comandate dall’intrepido Ulisse Caldani, una delle più simpatiche e generose figure di quel periodo. Molto verosimilmente il Castagna, viste dalle alture di San Rocco le bande accampate, comandò l’occupazione della città e del quartiere della guardia nazionale; altrimenti la sua mossa non avrebbe spiegazione. Ma, incontrata l’impreveduta resistenza in città, e temendo di trovarsi fra due fuochi, ordinò la ritirata, che in breve divenne sbandamento. Avevano appena i gendarmi lasciata la città, erano le dieci antimeridiane, che i liberali di Potenza mandarono Giovanni Corrado e Rocco Brienza a chiamare gl’insorti, i quali non si fecero attendere. Entrò prima la colonna di Genzano, poi quella di Avigliano; e verso sera, gl’insorti di Corleto, con Boldoni, Senise e Mignogna.

L’intendente Nitti convocò tutte le autorità, per consigliarsi sui provvedimenti da prendere. E di quell’adunanza ecco il verbale, redatto, dal sottointendente, che fungeva da segretario, Raffaele Ajello: documento caratteristico che vede qui la luce per la prima volta:


Noi Cataldo Nitti, intendente della provincia di Basilicata, abbiamo fatto venire alla nostra presenza i signori don Luigi Cioffi, maggiore funzionante da comandante le armi nella provincia pel titolare infermo; don Raffaele d’Agnese, presidente della Gran Corte criminale; don Francesco Guidi, presidente del Tribunale civile; don Michelangelo de Cesare, procuratore generale funzionante; don Raffaele Piscione, regio procuratore funzionante; i giudici criminali: don Giuseppe Martino, don Michelangelo Durante, don Giuseppe Altobelli e don Leopoldo de Luca; il giudice civile don Francesco Barone; il giudice regio don Luigi Scorza, il supplente don Giovanni Andrea Bononati; il sindaco don Luigi Lavanga; il commissario di polizia don Giovanni Pepe, ed i signori don Raffaele Ajello, sottointendente destinato a consigliere, don Francesco Berni e don Carmine Montesano, consiglieri; ed abbiamo loro fatta la seguente proposta: