Pagina:La guerra del vespro siciliano.djvu/299

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[1284] del vespro siciliano. 283

a Reggio, forse a ineluttabile perdita, quando un comito di galea: «Restate, sclama, restate! si raccolgan le vele;» e ubbidito senza intender perchè, come in moltitudine avviene: «Non v’accorgete, seguiva, che in secco andiamo, a darne senza combattere a’ Francesi!» Costui salvò la flotta. Rivolte le prore, ancorossi al Peloro, a dodici miglia dalla nemica.

Ivi chieser le genti, o l’ammiraglio disegnò un assalto sopra Nicotra, tenuta dal conte Pietro di Catanzaro, con cinquecento cavalli e duemila soldati da pie’ e altrettanti terrazzani; spensierati per fidar nelle vicine forze del re. Loria, trascelte dieci galee, piombavi a mezza notte; non sì improvviso pure, che il conte non facesse pria sfondar otto galee ch’avea in arsenale, e con tutti que’ della terra fuggisse. Poco sangue perciò fu sparso; ma fatto grande e ricco bottino. Appiccan fuoco dispettosi i nostri alle galee e alla città, per toglier comodo al nimico, che fatto aveane sua stanza principale in quella guerra: e ne tornò ai Nicotrini che senza patria miseri paltoneggiando, riparar dovettero qua e là per Calabria, e i più a Monteleone e a Mileto. Preso fu quella notte un Geraci da Nicotra cavaliere, e dicollato a Messina per fellonia; sendosi una volta recato in parte per lo re di Aragona, e po’ fallitogli. Pietro Pelliccia, cavaliere alsì e da Nicotra, incontrò più crudo supplizio. Costui, governando Reggio per noi, da invidia e malvagio animo, avea fatto a furia di popolo ammazzare sette de’ maggiori uomini della città: indi catturato per comando di Pietro; e dal carcere si fuggì. Coltolo a Nicotra, l’ammiraglio il da in balìa a’ figliuoli di quegli uccisi; che fecerlo in pezzi.

Tornatosi alla sua flotta allo schiarire del dì, l’ammiraglio vide quella di re Carlo far vela per lo mare Ionio, rimontando a Cotrone; onde messosi a inseguirla, trovaronsi a sera, distanti quattro miglia tra loro, alla marina di Castelvetere. Ciò allettò Ruggiero ad esplorar da sè