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288 la guerra [1284]

fabbricovvi una fortezza, e s’ebbe poi l’isola in feudo1. In questo tempo un Margano principe d’Arabi, cavalcando con grande stuolo alla volta di Tunisi lunghesso la riva, fu appostato, e preso dalla gente d’un galeon catalano, e recato allo infante, che il tenea, scrive Neocastro, come preda, non come prigion di guerra, nel castello di Messina2, per istrana avventura compagno di carcere al principe di Salerno. Ma la cattività dell’Affricano, nè nocente a noi nè nemico, fu trapasso di ladroneccio e avarizia da pirati, non gloria alle nostre armi. Nol fu tutto questo fatto dell’isola delle Gerbe, se non che il malo acquisto si mantenne poi con onor della nazione. Restò alla corona di Sicilia, non ostante la ribellion dell’ammiraglio che aspirava alla sovranità di quell’isola, e non ostanti le guerre e calamità in cui fummo avvolti; nè si perdè che negli ultimi anni di Federigo II, quando l’aristocrazia sfrenata e patteggiante, consumò tutte le forze nella esecranda guerra civile. Ruggier Loria riducendo l’armata in Messina a svernare, empiè la Sicilia di schiavi gerbini, e ripassò in Calabria con un grosso di cavalli. Quivi s’insignorisce di Agrataria e Roccella; combatte un Iacopo d’Oppido, feudatario; il rompe; mette a sacco e a fuoco il paese. Voltosi a Nicotra con altro animo, rifà le mura, afforza le castella, richiama gli sparsi abitatori: e incontanente, come per ammenda di quest’opra di umanità, torna in Sicilia a sfogare con altre enormezze quell’animo irrequieto, sanguinario,

  1. Ciò non fu immediatamente dopo la conquista, perchè fino al gennaio 1285, i suoi titoli erano: ammiraglio di Aragona e di Sicilia, signor di Castiglione, Francavilla, Novara, Linguaglossa e Tremestieri. Da un diploma del 25 gennaio 1285, nei Mss. della Biblioteca comunale di Palermo Q. q. G. 1, pag. 147.
  2. Bart. de Neocastro, cap. 85.