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[1268] del vespro siciliano. 39


In terraferma quanti eran rimasi fedeli a Carlo, o, dubbiosi finchè fu dubbia la vittoria, or voleansi purgar dal sospetto, fecersi giudici insieme e carnefici degli scoperti ribelli. Il parlamento avea offerto regie vittime al re; gli uomini delle province immolavangli i partigiani, e guadagnavan possessioni in premio della fedeltà o de’ misfatti1. Presero i beni, rapirono, uccisero, accecarono, straziarono: fu tanto, che Carlo trattenne al fin lo immane zelo che facea del regno un deserto, perdonò al fine2. Ma ai Siciliani nulla mercè3. A farne macello manda i suoi baroni francesi: e Guglielmo l’Estendard era il primo; uom

    intorno la morte di Corradino. Nella loro età diceasi, che Carlo I d’Angiò, per superstizione mezzo pagana venuta di Grecia, avesse fatto cuocere una zuppa, e mangiatola su i cadaveri di Corradino e degli altri guastati con esso; il quale rito s’avea per fermo che purgasse il peccato dell’omicidio, o troncasse il corso alla vendetta. Il verso è questo:

    .... Ma chi n’ha colpa creda,
    Che vendetta di Dio non teme suppe.         Purg., c. 33.
        Io non rido di tal comento come fa il Biagioli, perchè tutte le memorie degli uomini portano superstizioni, empie e ridicole almen quanto il mangiare una zuppa sul cadavere dell’ucciso. Nè Carlo I d’Angiò fu spirito forte, come diremmo in oggi. Ma non trovando questo fatto in alcuno degli scrittori contemporanei di parte contraria a lui, conchiudo che, o la favola nacque dopo la loro età, o ch’essi come favola manifesta la tacquero. Perciò ho lasciato indietro questo, che pur sarebbe un forte tratto di pennello sul carattere di Carlo, su i tempi, e sulla natura della condannagione di Corradino.
        Su le opere di Guidone da Suzara, veg. Tiraboschi, Storia letteraria d’Italia, tom. IV. Suzara è città nel distretto di Mantova.

  1. Veggansi le molte concessioni di feudi e altri beni fatte da re Carlo in questo tempo, che leggonsi nel r. archivio di Napoli, reg. di Carlo I, segnato 1269, D, fog. 1 ed 8. Tra gli altri si trova a fog. 6, a t. e duplicato al 114, a t. un diploma del 15 genn. tredicesima Ind. (1269) pel quale furon date all’arcivescovo di Palermo le case che possedeva in Napoli Matteo de Termulis, fellone.
  2. Saba Malaspina, lib. 4, cap. 17.
        Capitoli del regno di Napoli, pag. 14. Misericordiam, etc.
  3. Capitoli del regno di Napoli, pag. 16. Nel preambolo si legge essere stati i ribelli di Sicilia, conculcati, et gladio ultori perempti.