Pagina:La lanterna di Diogene.djvu/55

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mirabili follie: il cavallaccio bianco, che era lì presso, diventò un’alfana candida e su di essa sedeva una maga; una maliarda, una delle tante che evocò o l’Ariosto o il Boiardo meraviglioso, di cui io su quei monti sentivo l’anima effusa, una maliarda bianca e tenerina, che mi dicea sorridendo, con la testolina inchinata:

«Caro, metti giù anche la testa! caro, ubbidisci, giù la testa!» e lo dicea con tanta buona grazia che mi venne la voglia di farle piacere a scivolare giù anche con la testa.

«Ma si muore, così!» le risposi infine.

«E dove vuoi sperare di fare una morte più divertente? Va là, caro, non ti lasciar scappare questa bella occasione», pregava la maga tenerina.

«Capisco, ma è che ho degli affari in corso; e, così subito, lì per lì, non mi posso permettere il lusso di morire. Sarà per un’altra volta».

I muscoli del braccio allora si tesero nervosamente, quando capii che il sorriso della maga mi rendeva fievole: Sancio Pancia mi aiutò per le ascelle a venir fuori dalla vasca.

— Un bel rischio, — mi disse.

— Altrochè!

Ma egli alludeva alla idroterapia; io pensavo, invece, all’invito della maga; che per poco non le ubbidiva.