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304 la leggenda di tristano


parte del mondo era in deserti. Anche la Savia Donzella aveva fatta quella torre e quello abituro in tale valle del diserto, che niuna persona vi poteva andare se non per un picciolo sentiere; e quello ricopriva con piantature spinose per tal modo e sí bene, che lo sentiero non si vedeva, né non se ne sapeva altri accorgere. E cavalcando la reina con sua donzella per l’aspra selva, ella continuamente andava facendo grande pianto; e molto si duole del suo sire perché non trovava persona, che a lei novella niuna gliene contasse, e non sapeva s’egli era vivo o morto. E cavalcando ella per una grande costa dello diserto, e mirando davanti per la grande erta, viddesi innanzi uno cavaliere tutto disarmato, il quale cavalcava a guisa di grande varvassoro. Essendosi scontrati, ella sí lo salutò cortesemente, e dissegli appresso: «Sire, saprestemi voi dire o insegnare alcuna novella dello re Meliadus, lo quale è perduto in questa selva?». E lo cavaliere, lo quale era appellato Merlino lo profeta, sí rispuose: «Sappiate, reina, che le cose perdute non si possono giá mai ritrovare. Ma io vi foe certa che lo re Meliadus si ritroverráe ancora; non per tanto che voi mai lo riveggiate». E dette queste parole, egli si diparte e vassene a suo cammino. E la reina pensa molto molto alle parole che questo profeta dette l’avea. Ed essendo in cima della grande montagna, ella si dismonta, ché di lá era una grande valle della foresta. E la reina cominciò forte a lamentarsi. La donzella dice: «Reina, che è quello, per che voi tanto vi lamentate per tale maniera? Voi siete da ora in qua tanto iscolorita». La reina risponde e dice: «Compagna mia, io ho paura che noi non cambiamo novelle: però che la criatura, che io ho in corpo, mi si va molto travolgendo, e molto si travolge». E per tale, allora dismontan da cavallo, e si riposano alquanto faccendo tuttavia pianto e lamento. Appresso cominciò fortemente a stridere, e a chiamare e a raccomandarsi alla sua santa benedetta Madre, che la aiutassi; imperò ch’egli era venuto il tempo del parto suo, sí come di donna gravida. E la donzella molto la conforta dicendo: «Non potreste voi cavalcare tanto, che noi fos-