Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/311

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appendice 305


simo fuori di questa foresta, a tanto che noi trovassimo alcuno abitaggio?». La reina rispondeva affannata, come quella, ch’era gravida e giugnevale l’angoscia, e disse di no: «Vedi, in neuno modo io non potrei». E in tale modo, come donna, cominciò a gridare e raccomandarsi a Dio e alla Reina di paradiso. E stando alquanto in tale travaglio, che guari non durò come piacque al Criatore, la reina partorí uno molto bello figliuolo maschio. Ella, veggendolo tanto bello, cominciò a ringraziare e a lodare la Reina del cielo; e priega la donzella che glielo ponga in braccio, e, avendolo, con molte lagrime e sospiri cosí prese a dire: «Caro mio figlio, veggio che tu se’ nobile e bella criatura quando dir si puote al mondo. Io vi benedico, e ’l Signore Gesú Cristo vi benedica, e sí vi faccia grazioso in questo mondo, valente, saggio e ardito: ché io per te sono la piú trista dama che al mondo sia; e per voi in grande dolore debbo morire, e io vi ho partorito sanza veruno conforto in cosí selvaggio luogo. Sicché, per ricordanza del mio dolore e della mia morte, ch’ella mi viene e io lo sento, io sí vi voglio porre nome, e voglio che in tal guisa tu sia appellato Tantri: ma chi ponesse il Tri dinanzi ai Tano, sarebbe piú bello nome, e per tale, arebbe nome Tritan». Allora riporge il fanciullo in braccio alla donzella, e molto glielo raccomanda. Appresso priega Iddio e la sua benedetta Madre che le abbia misericordia delle sue offese; e a quel punto l’anima si parti dal corpo. Ora è la reina passata di questa vita, e la donzella sí grida vedendo la reina sua dama morta, con sí grande pianto del mondo, tale che, per le strida, che ella metteva, tutto quello diserto facia risonare. (Cap. XII).

3. — Prime imprese di Tristano.

Gli maestri delle storie pongono che, dimorando Tristano nella corte dello re Marco, egli non dimorò grande tempo, che lo Amoroldo di Irlanda fece raunare a Londres, sua cittá,