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60 la leggenda di tristano


T. rispuose e disse: «Io non sono desso, quello cavaliere che tu dii, ma bene vorrei essere rinominato di tanta prodezza quanto egli». E lo damigello gli disse: «Voi vi somigliate a quello cavaliere ch’io dico». E tanto si finano loro parlamento, e lo damigello fae servire T. di tutto ciò ch’egli ha bisogno. E alo matino sí si leva T. e prende sue arme e vassine a una cappella a udire la messa, e dappoi ch’ebe udita la messa, si montoe a cavallo e uscio fuori delo castello e incominciò a cavalcare molto fortemente. E cavalcando in tale maniera, giunse lo cavaliere in uno molto bello prato, e la notte iera nevicato. E T. gridoe lo cavaliere e dissegli: «Cavaliere, guardati da me, ch’io ti disfido». E lo cavaliere, quando intese ch’iera appellato di battaglia, volsesi inverso T., e ciascheduno incomincia a dare del campo l’uno all’altro e ambodue abassano le lancie e vegnonsi a fedire l’uno l’altro, sí che ciascheduno ruppe la sua lancia, perché lo colpo fue grande sí che ambo [due li cavalli] deli cavalieri caddero in terra, sí che ambodue li cavalieri rimasero ritti in piede sanza cadere in terra. E incontanente ambidue sí misero mano ale spade e viene l’uno inverso l’altro e cominciasi a ferire e a dare di grandi colpi sopra gli scudi, sí che ciascheduno si maraviglia dela forza del suo compagnone. Sí che tanto combattono insieme ch’ebero bisogno di riposarsi, e dappoi che fuerono riposati, si ricominciarono insieme lo secondo assalto. Ma sí come li colpi e l’aventure vanno, bisogno è che lo piú forte vinca e lo meno possente si perda, cosí addiviene a Blanore, lo quale non è né dela forza né della vista di T.; e dice infra se istesso: «I’ hoe combattuto con Lancialotto del Lago, mio frate, e con altri cavalieri, ma io unqua sí grandi colpi non soffersi, sí com’io ora soffero, e veggio bene che alo diretano dela battaglia non potrò sofferire con lui». E allora sí si trasse indietro Blanore e disse: «Cavaliere, tanto mi sono combattuto con voi, ch’io veggio bene che voi siete lo migliore cavaliere ched io unquanche trovasse. E imperciò vorrei sapere lo vostro nome ed io vi diroe imprimeramente lo mio nome; imperciò che