Pagina:La persuasione e la rettorica (1913).djvu/24

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Il fine certo, la sua ragione d’essere, il senso che ha per lui ogni atto, non è nuovamente altro che il suo continuare. La persuasione illusoria per cui egli vuole le cose come valide in sè, ed agisce come a un fine certo, ed afferma sè stesso come individuo che ha la ragione in sè — altro non è che volontà di sè stesso nel futuro. Egli non vuole e non vede altro che sè stesso — ἄνθρωπος ἐν εὐφρόνῃ φάος ἅπτεται ἑαυτῷ (Eraclito).


Ma se mancando di sè stesso nel presente egli si vuole nel futuro — questo egli non può che per la via delle singole determinazioni organizzate a farlo continuar a voler così anche nel futuro. Egli si gira per la via dei singoli bisogni e sfugge sempre a sè stesso. Egli non può possedere sè stesso, aver la ragione di sè, quanto è necessitato ad attribuir valore alla sua propria persona determinata nelle cose, e alle cose delle quali abbisogna per continuare. Chè da queste è via via distratto nel tempo. Il suo avvenire alla vita mortale, il suo nascere è nella altrui volontà; il pernio intorno cui si gira gli è dato, e date gli sono le cose ch’ei dice sue. Poichè egli non le ha più che non sia avuto, se anche per l’organizzazione delle determinazioni la sua coscienza per affermarsi non sia assorbita del tutto.

Ma la sua potenza nelle cose in ogni punto è limitata alla limitata previsione. Se dalla relazione con la cosa egli non trae il possesso, bensì la sicurezza della propria vita — ma anche questa