Pagina:La persuasione e la rettorica (1913).djvu/54

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non si tocca mai. Certo gli uomini hanno un criterio più comodo: misurano i lati della loro vita e dicono: «tanto per tanto – ecco la giustizia». Ma s’ingannano poiché di quanto chiedono non hanno niente e quello che danno è niente.</ref>

Poiché prendi parte alla violenza di tutte le cose, è nel tuo debito verso la giustizia tutta questa violenza. A toglier questa dalle radici deve andar tutta la tua attività: – tutto dare e niente chiedere: questo è il dovere – dove sono i doveri e i diritti io non so.



L’attività che non chiede è il beneficio, che fa non per avere, ma facendo dà.

Dare, fare, beneficare sono tre belle parole. Tutti danno, fanno, beneficano: ma nessuno ha, niente è fatto, ed il bene, chi lo conosce?

1°. Dare non è per aver dato ma per dare (δοῦναι!).

Se io entro in un negozio, e pago la merce – anche questo è un «dare». Ma io pago la merce e non pago pel piacere di pagare. Se potessi aver pagato e tenermi la merce senza pagare, m’accontenterei. Il pagare è mezzo e non fine.

La munificenza che aspetta il nome, il beneficio che aspetta la gratitudine, il sacrificio che aspetta il premio, sono come ogni altra faccenda che non ha in sé il fine ma è mezzo ad aver qualche cosa, e come dal bisogno di questa è necessitata, da questa pel futuro dipende. – Il dare per aver dato non è dare ma chiedere.

Fare non è per aver fatto; aver fatto non giova; quello che hai fatto non l’hai nel presente