Pagina:La persuasione e la rettorica (1913).djvu/99

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«Ma noi non vediamo – noi guardiamo oggettivamente» protesterebbe ancora lo scienziato. Ma guardare anch’esso è un verbo e se pur verbo vuole il soggetto. E poiché gli scienziati non possono uscir impunemente dalla loro pelle come i bachi da seta, per guardar come son fatte le cose, ci è forza ammettere che l’oggettività è τρόπον τινά una soggettività. – E allora bisogna andar all’altro estremo: se non è il dio, è il sasso. Se non è l’identità della mia coscienza colla coscienza delle cose, è l’infinitesimale coscienza della relazione infinitesimale; e in questa l’illusione dell’assenza d’ogni assenso1 individuale; poiché del tutto l’assenso non si può togliere.

Per fare esperienza oggettiva io devo guardare le cose che non vedo: poiché quelle che vedo, le vedo per l’assenso della mia persona intera. E guardare vuol dire procurare all’occhio la vicinanza che risvegli il suo assenso: non come occhio che serve al mio corpo ma come occhio, come insieme di lenti: l’assenso inorganico.

  1. Uso «assenso» per dir «attualità della persona nell’affermazione presente». Adsensus: così Cicerone traduce la συγκατάθεσις di Zenone Stoico, Acad. pr. II 144: ...cum extensis digitis adversam manum ostenderat «visum» (δόξα) inquiebat «huiusmodi est». Deinde cum paullum digitos contraxerat «adsensus huiusmodi».... – Joh. v. Arnim, Stoicorum veterum Fragmenta, vol. I, Lipsiae, 1905. –