Pagina:La stipe tributata alle divinità delle Acque Apollinari.djvu/32

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tevano avere certamente con quelli che Seneca riconosce come opportunissimi al riscaldamento dell’acqua1, e che si è preteso di riconoscere in uno del Museo Borbonico2.

Quello del numero 1. è il maggiore, e secondo alcuni dati è fra i tre il più antico. Il do qui disegnato ai due terzi del vero, perchè se ne vegga la forma. Perchè poi i lettori se ne facciano una perfetta idea della scrittura, lo do alla grandezza del vero e svolto interamente nella Tavola IV che viene appresso. Il num. 2 è rappresentato come vedesi colla metà della sua scrittura, la quale non potendosi veder bene nella prospettiva del tondo perchè sfugge all’occhio, dalla doppia asta è stata portata all’asta semplice. Il num. 3., che conserva alcuni avanzi di doratura, è il più piccolo, ed è senza meno il più tardo di origine. Di questo terzo e del secondo, oltre la metà della scrittura che v’è incisa sul vaso, ne ho fatte segnare alcune righe in piano fuori di prospettiva alla grandezza del vero.

In tutti tre il cilindro del vaso è diviso in un tetrastilo. Le quattro colonne hanno capitello composito con la sua base. Nel primo le colonnine s’innalzano da gola a gola. Nel secondo nè sopra nè sotto giungono a toccare la gola, e mancano del loro plinto. Nel terzo le colonne sono più basse, e fermansi sotto e sopra tra le due iscrizioni, delle quali l’una conserva il titolo, l’altra la somma generate dei passi.

Per comodo di chi voglia confrontare i nostri itinerarj tra loro si danno qui in tre colonne distinte. La prima è del primo, la seconda e terza del secondo e del terzo. Perchè poi possa eziandio farne i confronti cogl’itinerarj d’Antonino, e col Gerosolimitano o Burdigalese, pongo in una quarta e quinta colonna anche questi, segnandovi i luoghi e le distanze de’ luoghi come e dove mi si sono presentate.



  1. Senec. 3. Quaest. Natur. 24, e 4. 9.
  2. Tom. III. T. LXIII.