Pagina:La vallese.djvu/7

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2. — la misericordia del signore.


Questo pensiero occupava l’anima mia, mentre, visitato avendo in quel tempo quei tristi luoghi, camminava a passo lento tra le ruine. Digià aveva passato S. Branchier; era vicino a scendere per la strada che conduce al ponticello, sotto Bovernier, quando vidi a pochi passi innanzi a me, una vecchia seduta, la quale si sforzava di levarsi per venirmi incontro. Io m’avvicinai a costei:

— Un po’ di limosina, per amor di Dio, mi diss’ella. — Dolorose parole! Troppo spesso unico mezzo che rimane all’uomo nella miseria, per abbordare il suo simile! Poichè la povertà abbatte, umilia il cuore, e fa piegare la testa! — Ahi! voi che non provaste mai il bisogno non sapete quanto ella sia amara! Nell’abbondanza che vi circonda, voi non sapete cosa vuol dire desiderare in vano: mancare di tutto, e sempre, e non aver più speranza! Ahi! pover’uomo che ti trovi nel bisogno, nella miseria, quali angoscie, quali noie tu devi soffrire! Quanto ti deve esser difficile, se il tuo cuore non è interamente corrotto, il chiedere, e il vederti poi.... ricusare!

— Non vi alzate, poverina, le dissi, ecco, vengo io a sedere vicino a voi. Si vede che siete molto tribolata!

— Oh tanto! diss’ella, rasciugandosi le lagrime, oh io non so più quel che sarà di me!

Poverina! Infatti era proprio il ritratto della miseria: vestita alla peggio, scalza, con un piede piagato, smunta, distrutta, ben si vedeva che aveva patito. Un tozzo di pane risecchito, e poche frutte in un sacchettino strappato lì vicino a lei, erano tutto ciò che la possedeva.