in quei divini e febbrili momenti che l’autore solo conosce, non l’aveva egli abbracciato tutto il suo lavoro, palpitante ancora della voluttà della concezione? E quante ansie erano sopraggiunte in seguito alla ebbrezza prima! Ansie fatte più di ardore che di timore, perchè Flavio, non ambizioso, non presuntuoso, sentiva però la sicurezza che sta in fondo ad ogni vera anima di artista. Sulla sua vocazione, nessun dubbio; sulla sua forza qualcuno, ma efficacemente combattuto dalla sincerità della sua fede e dal baldo irrompere di tutti gli entusiasmi dei vent’anni. Ricordava il giorno in cui Gentile Lamberti aveva detto: «perchè non sarebbe poeta?» e il lungo desiderio che gliene era rimasto e l’affanno del non trovare in sè le caratteristiche volute. Ecco, non era egli poeta adesso? Il diletto maestro aveva indovinato. Egli era veramente poeta nel significato più sacro di questa parola, poichè il suo pensiero ardeva