Pagina:La zecca di scio.djvu/37

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nuovamente partì sotto il comando d’altro bascià, il quale, prima occupate le Focee colla prigionia dei mercanti genovesi che vi si trovavano1, si recò avanti Scio, ma i maonesi, affine di evitare una guerra della quale temevano le conseguenze, vennero a trattative e convennero di pagare 30,000 ducati per la nave perduta e 10,000 di tributo, e mediante questo confidavano di non essere più molestati da quei terribili vicini; ma d’assai s’ingannarono, che quel governo nessuna occasione tralasciava per vessarli sempre colla speranza di estorquire loro nuovi denari, e questa si offerse quando nel 14862 dopo aver Francesco de’ Medici con una galeotta recato molti danni al commercio turco, si ritirò per alcuni mesi nel porto di Scio; per il che fingendo i danneggiati di credere che i Giustiniani sopra di essa avessero interessi, si indirizzarono al sultano perchè da essi facesse loro restituire il tolto. Baiazette, uditili, condannò i maonesi a questo ed inoltre ad una multa tale, che il pagarla sarebbe stato la loro rovina. Mandarono essi subito Lanfranco Pateri al gran maestro di Rodi Pietro d’Aubusson, pregandolo che interponesse in loro favore i suoi buoni uffici presso la Porta; ed esso in modo operò che ottenne venissero in tutto assolti, pel qual servizio gli inviarono in dono un magnifico bacile d’argento accompagnato da lettera di ringraziamento dell’ufficio della Maona in Genova.

La condizione economica della società per tali fatti facevasi ogni giorno più critica, che quantunque le sue entrate fossero tuttora prospere, tuttavia per poter pagare i tributi alla Porta, e pei forzati armamenti che doveva fare affine di tenersi pronta a qualunque estero attacco, fu costretta a contrarre imprestiti, e mediante questi e nuove imposte sull’isola potè continuare a soddisfar ancora per molti anni agli obblighi cui erasi vincolata, e conservarne il possesso quantunque quasi abbandonata dalla madre patria, la quale mandando nel 1558 Giovanni Franchi quondam Francesco Tortorino, ambasciatore a Costantinopoli, gli diede per istruzione che qualora sapesse che i maonesi ve ne inviassero uno proprio, dovesse dissimulare la sovranità di Genova

  1. Michaelis Ducae historia byzantina, pag. 333.
  2. BosioStoria dell’ordine gerosolimitano. Tomo II. Napoli 1630, pag. 495.