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nei primi secoli del comune 25


Appartengono a quelli anni del trionfo e della concordia dei Guelfi, le feste del Calendimaggio che i cronisti e il Boccaccio 56 descrivono; le corti bandite, con apparati allegorici d’amore; 57 la poesia toscana che, rotto il circolo siculo provenzalesco, prende nome dal «dolce stil novo *, 58 della quale può esser gentile imagine quel vascelletto incantato, nel quale l’uno de’due maggiori rimatori di cotesta scuola, Dante, affigura sé e Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, insieme con le loro donne, mollemente cullati dall’onde del mare tranquillo. 59

Ma prestò si scatenò la bufera. Siccome il lìagello di quelle discordie si rivolgeva contro coloro stessi che lo impugnavano, i vincitori Guelfi, presto gli uni con gli altri guerreggianti, fecero della città conquistatasi e delle case loro lo scellerato teatro di altri disordini. Si cominciò col non credere più oltre sicuro il trionfo del popolo guelfo artigiano, senza la oppressione, anzi V annientamento dei Grandi: e i terribili Ordinamenti della Giustizia rinnovarono, per le vie di Firenze guelfa, il triste spettacolo dei disfacimenti ghibellini. Or pensate voi che possa essere stata disfatta pur una di quelle case, senza che le donne di essa sentissero a uno a uno nel cuore i colpi di quelle demolizioni? Pochi anni dipoi. Guelfi Bianchi e Guelfi Neri, papa Bonifazio Vili e Carlo di Valois, sì aggruppano personaggi sinistri d’una tragedia mossa dalle Erinni familiari, la quale ebbe fin d’allora storico e poeta degni in Dino e in Dante. Raccogliamo brevemente, al proposito nostro, da quelle linee sparse, la imagine della città caduta nel novembre del 1301 in mano del ^ paciaro francese, che al disprezzo dell’Alighieri non parve meritare nemmeno il rinfaccio d’aver lacerato con la spada il seno di Firenze; egli, disse il Poeta, «le aveva, pontando la lancia di Giuda, fatto scoppiare la pancia». 60