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58 nei primi secoli del comune


31 Vedi il citato mio studio su Beatrice; ed ivi anche ciò che concerne il matrimonio stesso dell’Alighieri con la Donati.

32 - Le antiche rime volgari ftecondo la lezione del codice vaticano.97.9.V, pubblicate per cura di A. D’Ancona e D. Comparetti; Bologna, 1875-1888; n.’ Dx, Dxi, CMx. L’autenticità e realtà della «compiuta donzella di Firenze», che io, fin da quando (1887) scrivevo queste pagine, propendevo a sostenere contro gli assalti della critica diabitatrice, mi paiono ora validamente confermate nel bello Studio di Liborio AzzoLiNA, La Coinpii’la Donzella di Firenze; Palermo, 1902; dove e quelle e altre (d’argomento amoroso) rime del Codice Vaticano ad essa comecchessia attinenti, sono esaminate con finezza di osservazione critica e con appropriata dottrina di storia e d’arte.

33 Cronica fiorentina cit. in nota 21 a pag. 235-236.

34 Parad. xvi 108.

35 Commento alla D. C. d’Anonimo fiorentino III, 51.

36 Dino Compa<ìni, III, x.

37 Parad. XVI, 112-111.

38 Pro coena maledictantm dominaridii de Tosingis, riferisce il canonico P. N. CiANFOGNi {Memorie isteriche della basilica di S. Lorenzo; Firenze, 1801) essere intitolata, nel libro di Entrata e Uscita del Capitolo di San Lorenzo, sotto l’1 Maggio 1306, la spesa di quella imbandigione, «consistente in due capretti, due venti’i di vitella, cinque «paia di pollastri e altrettante di piccioni, un ventre di castrato, «tre caci, otto dozzine e mezzo di pani, vino, frutte, pomaranci, treg«gea, spezie e lardo, colla spesa, in tutto, di otto lire, qiaattro soldi «e sei danari» (vedi, qui subito appresso, il conteggio, di poco superiore, del Borghini). E poi lo stesso canonico Cianfogni soggiunge: «Chi fossero queste donne maledette, le quali dalla quantità delle vi«vande si vede che ei’ano di un numero non indifferente, io non ho «potvito rinvenirlo; siccome neppure si sa se questo fosse un «obbligo del Capitolo, perocché non vi sono libri antei’iori, e dal «1307 fino al 1313 mancano tutti; e in quelli che seguono, di questa «cena non se ne vede più fatta menzione». Io non sarei d’avviso che la cena fosse imbandita a donne, cioè non crederei che le «maledette» fossero le commensali e consumatrici: parecchia gente, osserva pure il Cianfogni, se si guarda la lista delle pietanze. Direi piuttosto che le «maledette» dessero, come di certo l’occasione e l’origine, così anche il nome alla cena; ma che questa poi fosse ammannita a tutt’altre persone che donne e Tosinghi, ma o a poveri o a religiosi, o altro che di simile: e ciò per iin lascito nel cui titolo le «maledette donne dei Tosinghi» rimangono per noi un mistero. Mi capacita poco, che ima casa come i Tosinghi, così fiera e biirbanzosa e potente, volesse naandar le sue donne a quella periodica impinzatura di calendimaggio, accompagnata poi da quella amorevole denominazione. Peccato non usino più i romanzi storici, per ricamarvi