Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/254

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platone. 219

V’ha pare chi afferma, anche secondo Dicearco nel primo delle Vite, aver egli lottato sull’Istmo.

VI. E coltivata la pittura; e scritti poemi: prima ditirambi, poi canti lirici e tragedie.

VII. Al dire di Timoteo ateniese nelle Vite, avea la voce debole. Narrasi che Socrate vide in sogno un giovin cigno stargli sulle ginocchia, il quale a un tratto, mosse l’ali, si pose a volare soavemente cantando e che il dì seguente, sendogli raccomandato Platone, disse che quegli era l’uccello.

VIII. Cominciò a filosofare nell’Accademia, poi in un giardino presso Colono, come sull’asserzione di Eraclito dice Alessandro nelle Successioni. In seguito, già prossimo a fare un tragico concorso pel teatro dionisiaco, udito Socrate, abbruciò i suoi poemi sclamando:

     Qua Vulcano l’accosta. Ahi! di te d’uopo
     Ha Platone.

Dicono che dopo d’ allora fu discepolo di Socrate, ed era ne’ vent’anni; e morto questo, s’accostò e a Cratilo l’eraclideo, e ad Ermogene che insegnava la filosofia di Parmenide. Quindi, di ventott’anni, secondo Ermodoro, si recò a Megara, da Euclide, in compagnia di altri Socratici. Poi andò a Cirene dal matematico Teodoro; poi dai pitagorici Filolao ed Eurito; e di là in Egitto presso i profeti; ove dicono averlo accompagnato anche Euripide, ed ove ammalatosi fu dai sacerdoti guarito colla cura del mare. Il perchè ebbe a dire:

     Tutti i mali dell’uomo il mar deterge.