Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/256

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platone. 221

che e’ fosse nell’agiatezza, avendo ricevuto da Dionisio più di ottanta talenti; la qual cosa afferma anche Onetore nel libro intitolato: Se debba il sapiente attendere al guadagno.

XII. Molto parimente si giovò del comico Epicarmo, avendone copiate assai cose, secondo ci narra Alcimo ne’ suoi libri ad Aminta, che sono quattro, e nel primo dei quali dice così: È manifesto molte cose aver dette anche Platone che sono di Epicarmo e deve notarsi Platone affermare: sensibile esser quello che mai nè in qualità nè in quantità perdura, ma continuamente passa e si tramuta; come le cose che non hanno, se alcuno tolga ad esse il numero, nè eguaglianza, nè unità, nè in quantità, nè qualità. Ciò sono quelle che sempre per nascimento, non mai si hanno in sostanza: intelligibile poi quello, al quale nulla si toglie o si aggiugne. È questa la natura delle cose eterne, cui tocca sempre di essere e simili e le stesse. Per il che Epicarmo intorno le cose sensibili e intelligibili chiaramente si esprime:

  A. Ma sempre i numi fur, nè mai cessavo
     D’essere; e queste cose appaion sempre
     Simili, e per sè stesse sempre. — B . Pure
     Primo dei numi generato il Caos
     Dicesi. A. — E come? S’è impossibil ch’esca
     Da una cosa ch’esista un che di primo.
  B. Non dunque nessun primo ci deriva?
  A. Nè, per Giove, secondo di ciò ch’ora
     Noi diciamo così. La cosa i questa:
     Se ad un numero, vuoi dispari o pari.