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222 | platone. |
S’aggiunga un sassolino, oppur si prenda
Ove n’esista, partì egli che quello
Sarà lo stesso? — B. Non a me per certo!
A. Nè se ad una misura ch’ha grossetta
Foglia apporsi altra solida lunghetta,
O tor da quella ch’era pria, la stessa
Misura ancor si rimarrà? — B. No, mai,
A. Così, gli uomini, or mira: cresce questo,
Quello declina; in sul mutarsi tutti
In tutti i tempi stan. Ma ciò che muta
Di natura a seconda, e non rimane
In uno stato mai, altro pur esso
Sarà da quello, dond’è uscito. E certo
Tu, ed io, altr’ieri, oggi altri siamo,
Ed altri noi saremo nuovamente.
Nè per questa ragion gli stessi mai.
Inoltre dice Alcimo anche questo: Affermano i sapienti, l’anima sentire alcune cose per mezzo del corpo, come udendo, vedendo; altre da sè, riflettendo per sè stessa senza servirsi del corpo; e quindi delle cose che esistono, altre essere sensibili, altre intelligibili. Però anche Platone diceva, che era mestieri, chi volesse avvisare ai principii dell’universo, le stesse idee per sè stesse distinguere, come per esempio la rassomiglianza, l’unità, la moltitudine, la grandezza, il riposo, il moto; in secondo luogo per sè stesso lo stesso bello e il buono e il giusto, e simili soggiugnere; in terzo luogo considerare in quali relazioni stanno fra loro le idee, come la scienza, la grandezza, il potere; riflettendo che le cose che sono presso di noi, per lo partecipare con quelle, sono ad esse eguali di nome. Dico, per esempio,