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Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/354

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capo vi, arcesilao 319

terpellato, recitandogli i versi dell’Andromeda di Euripide:

     Mi sarai grata, o vergin, s’io ti salvo?

ed egli i successivi:

     Conducimi, straniero, o per ancella
     O, se ti piace, per consorte.

D’allora in poi vissero congiunti. Per la qual cosa si raccontò che Teofrasto, geloso, dicesse, che un giovinetto di bella indole e pronta si era allontanato dalla scuola.

IV. Gravissimo nei discorsi, e abbastanza versato nello scrivere, erasi dato anche alla poetica. Vanno attorno questi suoi epigrammi: Ad Attalo.

     Non solo inclita Pergamo per armi,
       Ma per cavalli, nella sacra Pisa
       Spesso si loda: che se aprir di Giove
       Il pensiero concedesi a mortali,
       Più celebrata fia di nuovo assai.

Ed anche a Menodoro, l’amante di Eudamo, uno dei suoi condiscepoli:

     Lunge per certo è Frigia, e lunge è pure
       La sacra Tiatira, o Menodoro,
       E Cadena tua patria: ma le vie
       Dell’infando Acheronte eguali sono,
       Misurate dovunque, al dir del saggio.
       Ti fe il nobile Eudamo questa tomba,
       Cui fosti più che molti servi caro.