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Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/395

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annotazioni. 359

mai senza provarla, nè mai ne impugnò alcuna senza distruggerla affatto.

VII. Sembra che il pensiero della morte lo occupasse. — „La sua filosofia lo aveva condotto al godimento di tutti gli agi della vita, ed avea distrutto in lui quella specie di forza assai comune presso gli antichi, che li traeva a prevenire i mali della vecchiaja con una morte volontaria.“ — Anonimo.

L’anno quarto della censessantesima seconda Olimpiade. — Cioè l’anno 129 avanti l’e. v. Essendo morto di 85 anni, la sua nascita viene a cadere l’anno a 213 avanti l’e. v.

Il nostro Diogene in questa rassodia, tra molte cose, omette l’ambasciata, ch’ebbe a sostenere Carneade, l’anno varroniano 599, Ol. 155. Avendo gli Ateniesi saccheggiato Oropo, furono dal senato romano condannati a pagare la somma di cinquecento talenti. Per ottenere qualche sollievo spedirono a Roma Diogene lo stoico, Crittolao il peripatetico, e il nostro Carneade. Fu tale la forza delle costoro parole, che parecchi senatori, secondo racconta Eliano, dovettero affermare, che gli Ateniesi non avevano spediti ambasciatori a persuadere, ma a strappare ad essi ciò che volevano. I tre filosofi, per dare anche al popolo romano un saggio del loro sapere, si posero a recitare arringhe, e a tenere filosofici convegni. Arrossirono quei rozzi conquistatori della loro nobile barbarie, e trassero a calca, massime in gioventù, al novello spettacolo. Carneade primeggiò tra suoi colleghi, e rese attoniti gli spettatori per la grazia, la robustezza, ed una divina quadam celeritate ingenii et dicendi copia. Fu allora ch’ei recitò le due celebrate arringhe, una in favore ed una contro la giustizia: virtù che i Romani tuttora onoravano. Il dubbio, presso gli antichi, avea qualche cosa di solenne e di spaventoso. Al vecchio Catone parve pericolosa la presenza di uomini che persuadevano ciò che volevano, e li fece licenzia-