Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/170

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crisippo 153

   Preso dalle vertigini, Crisippo,
      Al molto bere, portico non cura,
      O patria, od alma, e scende a casa Pluto.


— Narrano alcuni ch’egli morì per riso prolungato; poichè avendogli un asino mangiato dei fichi, ed avendo detto alla vecchia di dare all’asino da ingollare del vino puro, smascellandosi dalle risa, morì.

VIII. Pare ch’egli avesse una certa alterezza, poichè tante opere non dedicò a nessun re. E, come dice anche Demetrio, negli Omonimi, sfavasi contento alla sua vecchietta sola. E Tolomeo avendo scritto a Cleante o di venir esso o di mandargli qualcuno, Sfero vi andò, ma Crisippo lasciò fare.

IX. Avendogli poscia mandati i figli della sorella, Aristocreonte e Filocrate, gli educò alla filosofia. — Primo nel Liceo ardì avere una scuola al sereno, siccome, narra il prefato Demetrio.

X. Vi fu un altro Crisippo medico di Cnido, dal quale dice Erasistrato di aver apprese molte cose. — Un altro, figlio di costui, medico di Tolomeo, che calunniato subì la pena del flagello. — Un altro, discepolo di Erasistrato, ed uno scrittore di cose campestri.

XI. Il filosofo usava, con certe interrogazioni argomenti di questo tenore: Colui che racconta i misteri a’ non iniziati è un empio; ma l’jerofante li racconta a’ non iniziati; dunque l’jerofante è un empio. Altro: Chi non è in città, nè pure è in casa; ma il pozzo non è in città; dunque nè in casa. Altro: V’ha una certa