Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/222

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pitagora. 203

                          — e disse,
     Quando scese degli inferi al soggiorno,
     Che avea veduto ognuno, e che dagli altri
     Differivano molto i Pitagorici;
     Perchè soli costor, per la pietade
     Verso i numi, dicea, pranzan con Pluto.
  B. Facile chiami il dio se gode starsi
     Con chi di sudiciume è pieno tutto.


E ivi stesso ancora:

     Mangian erbe e vi beon sopra dell’acqua;
     Ma i pidocchi e il mantello e la sporcizia
     Nessuno dei più giovani comporta.

XXI. Morì Pitagora in questo modo. Tenendo egli una sessione co’ suoi compagni soliti, in casa di Milone, alcuni ch’e’ non istimò degni d’esservi accolti, per invidia, posero fuoco alla casa. — Altri crede che ciò facessero i Crotoniati per timore di un disegno di tirannide: e che Pitagora, sorpreso che fuggiva e che giunto presso un campo pieno di fave, quivi si era fermato, dicendo: Piuttosto morire che calpestare; meglio perire che parlare, vi fosse, da chi seguivalo, sgozzato; e così anche si trucidasse il più de’ suoi amici, che erano presso ai quaranta, e pochissimi ne fuggissero, tra’ quali Archippo talentino e Lisia, di cui sopra si disse. Dicearco racconta che fuggito Pitagora nel sacrario delle Muse, in Metaponto, ivi perì, dopo di essere rimasto senza cibo quaranta giorni. Ma narra Eraclide, nell’Epitome della