Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/23

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diogene. 11

che non troverai legno sì duro per discacciarmi, fin che si vegga che tu ragioni di qualche cosa. D’allora in poi divenne suo uditore, e siccome era bandito, si diè di proposito ad una vita di poca spesa.

III. Avendo veduto, come racconta Teofrasto nel Megarico, passar correndo un topo, il quale nè si dava pensiero di letto, nè temeva l’oscurità, o desiderava nessuna di quelle cose che si credono dilettevoli, trovò un compenso alla necessità della vita, essendo stato il primo, al dire di alcuni, a doppiare il mantello pel bisogno di portarlo, e per dormirvi. Portava anche una bisaccia entro cui stavano i cibi, e ogni cosa usava fare da per tutto, e mangiando, e dormendo, e disputando: a tale che, additando il portico di Giove e il Pompeo, era solito dire, gli Ateniesi averglieli preparati perchè vi abitasse dentro. - S’appoggiò, per malattia, ad un bastone, poi lo portò di continuo, non per altro, in città: ma in viaggio, e quello e la bisaccia, siccome affermano Olimpiodoro protettore degli Ateniesi, e Polieucto il retore, e Lisania di Escrione. — Avendo scritto ad un tale che gli procurasse una casetta, e quegli indugiando, prese per casa la botte ch’è nel Metroo, come lascia veder chiaramente ei stesso nelle Lettere. — E la state si voltolava sull’arena bollente, il verno le statue coperte di neve abbracciava, a tutto assuefacendosi.

IV. Era terribile nel disprezzare gli altri; onde la scuola (σχολή) di Euclide chiamava bile (χολή); i colloqui (διάλεξις) di Platone, consumamento ([testo greco]): e disse le feste dionisiache grandi miracoli per gli stolti; i capi popolo servitori della plebe. — Diceva eziandio,